Come figli più piccoli, mentre sono stati i nostri padri, sotto ad Ago, e al manto della sua maglia nella coreografia della Sud c’erano Attilio Ferraris IV, Giorgio Carpi e Giovanni Degni. Ferraris IV era il capitano della Fortitudo, la squadra di Borgo, la squadra dei preti, è stato il primo Capitano della Roma. Ferraris IV un giorno fece l’errore – per ripicca – di andare alla Lazio, si pentì, se ne andò: andò a vedere di nascosto gli allenamenti della Roma a Testaccio perché gli mancava.
Biancone, segretario generale, lo vide e lo riportò a casa sua: Attilio era già stato perdonato durante un derby con un bacio di Bernardini in mezzo al campo, trasformando i fischi in applausi. Quando morì non aveva più nessuna maglietta della Roma perché le regalava ai bambini, visto che non aveva potuto avere figli: sulla sua bara c’era quella del suo amico Fulvio Bernardini: la maglia della Roma.
Al centro, chi se lo abbraccia (e se lo abbracciava veramente) c’è Giorgio Carpi, “uno” che ha giocato più di 10 anni gratis alla Roma e che ha portato fisicamente le prime maglie della Roma per una partita, il 17 luglio 1927 con l’Ute: Giorgio Carpi ha portato alla Roma i suoi colori. Il padre è stato tra i fondatori ed è morto presto per un incidente stradale, la mamma se ne andò presto da casa, per Giorgio Carpi la Roma è stata veramente madre e padre. Sacerdoti gli regalò simbolicamente un’automobile al posto di tutti gli stipendi mai presi: (…).
Alla sua sinistra Giovanni Degni che è stato “quello” che ha toccato il primo pallone della storia della Roma sia in assoluto, il 17 luglio 1927 con l’Ute, sia nella prima partita ufficiale in campionato, il 25 settembre 1927 contro il Livorno, passandolo proprio al suo capitano Ferraris. Degni per la Roma ha fatto tutto, l’ha amata, ci ha giocato, l’ha allenata nel Dopoguerra, l’ha tramandata alla famiglia: il bisnipote, Marco, è abbonato in Sud.
Forse era proprio là sotto a sorreggerlo. Ferraris, Carpi, Degni, Fortitudo, Roman e Alba sono stati l’ABC, anzi l’ASR, tre intrecci di DNA che vanno riportati nel nostro stemma, di quell’unione che ha formalizzato un sentimento antico con la nascita di un’associazione sportiva dai colori, il simbolo e il nome di Roma.
La Roma ha unito l’alto e il basso, l’aristocratico e il popolare, i preti e gli anticlericali, pasquini e ministeriali, i dottori e i malandrini, i vicoletti, i monumenti e i sanpietrini. Roma è sempre stata così: madre e puttana, santa e blasfema, ha visto tutto, non si stupisce di niente, non perdona, ma ama, ama veramente. E l’uomo che più l’ha amata è stato Agostino Di Bartolomei, fino alle estreme conseguenze.
Per questo la Curva Sud ha scelto di fargli indossare la maglia della nostra vita, quella di questa città, la pelle della nostra storia. Se ci pensate per la prima volta la Curva Sud ha avuto il volto del suo Capitano, un uomo con la mano sul cuore come a tutelare, e quasi a coccolare, il simbolo del nostro amore.
Quello stemma che racchiude tutte le storie che c’erano prima, tutte le storie di una storia più grande chiamata Roma. E io dico che pure se prendesse vita quel dipinto non credo che nessuno riuscirebbe a fargli togliere la mano dal cuore. (…)
FONTE: Il Romanista – L. Cagnucci