Si difende sempre a 4, spesso con la linea anche alta per andare ad accorciare la squadra in funzione del pressing. Ma poi si costruisce a tre. Lo aveva confessato candidamente venerdì scorso, durante la sua conferenza stampa di presentazione. “Inizio ad innamorarmi di questo lavoro con Spalletti, poi il colpo finale me lo ha dato Luis Enrique“. Ed allora non poteva che essere così, non potevano esserci che loro due nel suo modo di intendere il calcio.
Anche se poi Daniele De Rossi è stato chiaro, “il mio calcio è un’espressione che mi fa venire i brividi“. Archiviato il concetto, è ovvio come ogni allenatore abbia delle tracce del suo passato da calciatore. E quelle di DDR risiedono proprio lì, tra un Lucio toscano e un Lucho iberico, tanto per restare in tema di assonanze.
Difesa e costruzione. Il primo tratto che unisce tutti e tre gli allenatori (De Rossi e i suoi due mentori) è la difesa a 4, tra similitudini e differenze nel modo di concepirla e metterla poi in campo. Si difende sempre a 4, spesso con la linea anche alta per andare ad accorciare la squadra in funzione del pressing. Ma poi si costruisce a tre, anche se con modi diversi.
Spalletti, ad esempio, faceva spesso la costruzione con la linea a tre e mezzo, con Florenzi (nella sua seconda esperienza giallorossa) che si alzava e Rudiger che da esterno di sinistra scivolava a fare il terzo centrale. Luis Enrique, invece, faceva abbassare il regista (proprio De Rossi) a ridosso dei due centrali di difesa (se non in mezzo a loro) per costruire poi a tre.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – A. Pugliese