Nonostante il mercato, che ha costruito una Roma a trazione interiore, Mourinho non ha ancora risolto il problema che più lo crucciava: segnare. È vero, nelle ultime due partite il problema più visibile è stato concedere sei gol complessivi a Udinese e Ludogorets; ma scavando in profondità nei numeri del campionato si scoprono forti mancanze nell’efficienza offensiva.
Basti pensare che l’anno scorso, il primo con Mourinho in panchina, la Roma aveva segnato 12 gol in 5 giornate. Oggi sono esattamente la metà, 6, a parità di reti subite: 5, anche se in questa stagione sono arrivate quasi tutte a Udine.
Siamo partiti dal mercato, dalle strategie di rafforzamento indicate dall’allenatore, proprio per sottolineare che Dybala da solo non possa essere la soluzione di tutti i limiti della rosa. La Roma in questo senso è stata molto sfortunata perché ha perso il perno del centrocampo, l’uomo che avrebbe migliorato la fluidità del gioco: Wijnaldum.
E subito dopo ha dovuto rinunciare anche a Zaniolo, che per caratteristiche fisiche e tecniche può stappare le partite bloccate con i suoi strappi. In più c’è Belotti, che è arrivato da pochi giorni dopo un’estate di incertezze e non può essere al cento per cento sotto l’aspetto atletico: quando ritornerà ai suoi livelli potrà offrire un buon contributo realizzativo.
Abraham ha segnato solo un gol (lo scorso anno, il primo in Serie A, erano 2 dopo cinque partite) ma soprattutto non ha ancora sfruttato al meglio la compagnia qualificata di Dybala. Mourinho lo ha prima rimproverato, poi confortato, con il solito principio del bastone e della carota.
Ma finora non ha ritrovato l’attaccante fenomenale che aveva trascinato la Roma fino a Tirana. Lo stesso Pellegrini, capitano e leader fantastico, non sembra in grande condizione. Anche lui deve comprendere e valorizzare gli sforzi dell’ultimo arrivato, Dybala, con il quale il feeling in allenamento è già fantastico: in partita ancora i due faticano a integrarsi.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida