Un’occasione persa: la Roma sembrava aver finalmente trovato la strada verso la grandezza e invece si ritrova piccola. La squadra di Mourinho vanifica la bella prestazione, con vittoria, di Bergamo, con una prova non proprio all’altezza contro una Sampdoria ordinata, seria, in controllo e mai veramente in affanno. E i punti dalla zona Champions ora sono sei e non quattro come tutti i tifosi speravano, non solo i cinquantamila infreddoliti dell’Olimpico. La Juve, forse la peggiore degli ultimi dieci anni, ora è avanti di due punti. Il Napoli, che pure perde con lo Spezia, ha sette passi in più. Opportunità sprecate.
Finisce uno a uno, e i rimpianti sono davvero tanti, troppi. Perché questa poteva essere davvero la partita della svolta, quella che raddrizzava definitivamente il campionato, per non viverlo nell’anonimato ma da protagonista, da candidata per un posto al sole. E invece, riemerge il peccato originale: la squadra non riesce a fare il definitivo salto di grado. Non solo per carenze tecniche, quelle stavolta c’entrano poco, ma caratteriali. Chi si aspettava – dopo Bergamo – una Sampdoria sbranata dalla Roma, è rimasto fortemente deluso.
Già il primo tempo non prometteva nulla di buono, si capiva che non era serata, che non c’era quella cattiveria vista sabato. Meglio la ripresa, con qualche occasione in più creata. Male il gioco, anche se come numero di occasioni, la squadra di Mou, forse, meritava tre punti. Ma non è andata così e i rimpianti sono lì. La Roma è apparsa scarica, prevedibile, molle, incapace di trovare un buco nel muro alzato da D’Aversa. Poche idee e confuse.
Le occasioni sono poche e casuali, senza mai fare male davvero agli avversari, che si difendono a oltranza (anche con una bella dose di ostruzionismo) senza faticare troppo. Zaniolo combatte, cerca di sfondare, ma trova poca aria da respirare; Abraham si crea qualche occasione ma non la sfrutta. Poi l’inglese si fa male (alla caviglia) e addio, menomale che c’è la sosta (a gennaio si rivedrà anche Pellegrini e forse Spinazzola, più gli innesti di mercato tanto attesi).
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni