Da Cristante a Smalling, aspettando i gol degli attaccanti. Come a Salerno, arriva il successo quasi in fotocopia contro la Cremonese, ma che fatica, forse anche maggiore rispetto alla scorsa domenica. Mourinho riesce a gioire ma gli resta addosso la tristezza di aver perso due giocatori fondamentali in ventiquattro ore: dopo Wijnaldum (al quale tutti i giocatori e lo stadio intero dedicano un pensiero), tocca a Zaniolo, che abbandona il campo a fine primo tempo dopo essere caduto di peso sulla spalla sinistra.
Lacrime per il dolore (spalla lussata, si parla di poco meno di un mese di stop) e Roma ridisegnata quando si era a metà del match, sullo zero a zero e con la montagna ancora tutta da scalare. Ma la Roma di adesso somiglia sempre più a Mourinho e appare più forte di tutto, anche della sfortuna che nelle ultime ore si è accanita pesantemente sulla squadra.
Di buono c’è la classifica: prima – in buona compagnia – e con il minimo sforzo. Sei punti, due gol fatti e zero subiti. La Roma stellare, la macchina da gol (stile Napoli) che i tifosi sognavano non c’è e si lascia desiderare, è una squadra dallo stretto indispensabile. E per ora va bene così.
I primi quindici minuti promettono bene. Quei quattro lì, portano avanti palloni su palloni, spesso in contropiede, creano il panico, occasioni, ma il gol resta una chimera: ci provano a turno Pellegrini, Dybala, poi Zaniolo ma è sempre bravo Radu. E anche Abraham ha la sua palla gol però l’inglese pur arrivando prima sul pallone, cicca la sfera permettendo la deviazione in corsa di Valeri sulla linea di porta.
Le ripartenze sono spesso un dolore, serve un grande Smalling, bravo là dietro nelle mischie e, appunto, avanti, con la rete della vittoria, di testa, su pennellata da calcio d’angolo di Pellegrini. E anche qui, le palle da fermo: un marchio di fabbrica – gol numero 23 da palla inattiva, 17 da angolo – della Roma di Mou.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni