Ricomincia oggi il campionato della Roma, anzi ricomincerà sabato con il Lecce, per uno scontro salvezza che in qualche modo dovrà rappresentare un momento di svolta nella stagione della Roma, distrutta il 18 settembre dall’esonero di De Rossi e ora finalmente sulla via della ricostruzione, nonostante le sconfitte consecutive in campionato siano diventate quattro, e la classifica è la stessa di fine ottobre nonostante si sia a dicembre.
Così alle spalle adesso sono incredibilmente rimaste appena quattro squadre, mentre proprio il Lecce affianca la Roma al quindicesimo posto. Ora il calendario prevede oltre ai pugliesi – fino a Natale – Como e Parma con gli intermezzi di Europa League con il Braga e di Coppa Italia con la Sampdoria: un filotto farebbe vedere un orizzonte nel 2025, altre sconfitte lo renderebbero fosco e cupo.
Quella di ieri è stata alla fine invece tutto sommato digeribile: l’Atalanta era favorita e l’Atalanta ha vinto, ma non attraverso il dominio del gioco, anzi, in virtù di un episodio fortunoso (un tiro di De Roon deviato imparabilmente da Celik), che ha spaccato la partita dopo 70 minuti molto equilibrati in cui le occasioni migliori erano capitate nel primo tempo a Koné (splendido tiro che ha sibilato accanto al palo di Carnesecchi, stecchito a guardare) e nel secondo a Dovbyk, liberato davanti al portiere bergamasco da un magnifico tocco di Dybala, eppure incapace di deviare quel pallone. Dopo il gol invece la partita è praticamente finita: i cambi successivi hanno rinvigorito gli ospiti e ammorbidito i romanisti, e Zaniolo è diventato protagonista a modo suo, in quel modo antisportivo e sfacciato che è ormai il suo timbro più conosciuto.
Dopo Londra il rischio era di sottovalutare la particolare attitudine aggressiva dell’Atalanta e invece Ranieri ha caricato a dovere i suoi e già nell’approccio è apparso chiaro che le forze in campo fossero equilibrate. Gasperini ha messo in campo i migliori giocatori, con Kossonou, Hien e Kolasinac in difesa, Ballanova, Ederson, De Roon e Ruggeri a metà campo, De Ketelaere e Loookman alle spalle di Retegui, ma il meglio l’ha ottenuto quando sono entrate le cosiddette riserve che invece hanno alzato il livello della prestazione generale.
Per 70 minuti l’atteggiamento attento e reattivo in non possesso e lo spirito combattivo dei giallorossi non avevano permesso ai bergamaschi di guadagnare campo senza il fastidioso retropensiero di poterne pagare le conseguenze con una ripartenza verticale, perché ad ogni pallone conteso dalla parte romanista si cercava subito lo scarico su Paredes, l’appoggio su Koné, l’allargamento su Angeliño o la verticale su Dybala, i quattro romanisti che in fase di possesso sembravano in grado di assecondare l’ondata giallorossa pronta alla ripartenza.
Ranieri aveva scelto infatti di aumentare il numero di centrocampisti, affiancando Cristante a Paredes e Koné a scapito di El Shaarawy, tenuto inizialmente in panchina come Saelemaekers, con gli stessi tre difensori di Londra, Mancini, Hummels e Ndicka, e gli stessi due attaccanti, Dovbyk e Dybala, oltre naturalmente all’immancabile Celik in fascia destra.
E la mossa per molto tempo ha funzionato perché lavorando di reparto, contro le marcature individuali dell’Atalanta (ma con meccanismi di scalature migliori di quelli inutilmente perseguiti nei giorni romanisti di Juric), la Roma è riuscita a contenere con contromosse di mutua assistenza le sporadiche iniziative ospiti e ha contrattaccato con una certa continuità, senza creare occasioni se non con un bellissimo destro di Koné al 13’ (una sorta di “maledetta”, con la palla che è partita dritta, si è spostata in volo nella sua direttrice ed è ricaduta vicina all’incrocio dei pali mancando il bersaglio di un paio di centimetri, a Carnesecchi battuto), ma restando fiera e combattiva contro un’avversaria che non era così terribile come da recente curriculum.
L’unica vera controindicazione per Ranieri è derivata dal fatto che, a gioco lungo, la necessità di tenere almeno otto uomini dietro la linea della palla, ha via via fatto abbassare il baricentro rendendo sempre più sporadiche le occasioni di ripartenza. Così l’Atalanta ha preso possesso del centrocampo e pur senza pungere in attacco (le uniche occasioni pericolose sono capitate con un paio di cross insidiosi e un’incursione di Kossonou senza esito) ha ridotto le possibilità che la Roma potesse lasciare il suo segno sulla gara.
Nessun cambio all’intervallo per i due allenatori, ma il destino ha offerto a Ranieri la possibilità di vivere un’insperata serata di gloria quando una palla conservata e scaricata da Dovbyk per Dybala in uno dei tanti duelli vissuti con quell’implacabile marcatore che è diventato Hien, è tornata nella disponibilità dell’ucraino attraverso una pennellata di grazia settecentesca dell’argentino: ma incredibilmente a Dovbyk (che ha giocato con il nome sbagliato sulla maglia, con la i al posto della y) è mancato il tocco sottoporta. E il portiere atalantino ha ringraziato abbrancando il pallone.
Il centravanti si è spento lì, Ranieri ha mandato a scaldarsi Shomurodov e lo ha fatto entrare dopo 17 minuti. Dovbyk, ha rivelato il tecnico a fine partita, non avrebbe nemmeno dovuto giocare, ma finché ha retto ha tenuto in apprensione tutto il reparto arretrato di Gasperini. Tutto infatti si è giocato sulla panchine e sui cambi dei due tecnici. Le scelte di Gritti (in panchina al posto dello squalificato Gasperini) hanno richiamato fuori Retegui, Ruggeri, De Ketelaere e Lookman per un tridente tutto nuovo con Samardzic, Brescianini e Zaniolo, oltre ad un esterno offensivo come Cuadrado.
E la partita si è giocata in una sliding door; al 20’ una bellissima azione in verticale partita da Cristante e passata attraverso Koné e Dybala ha mandato Shomourodov all’uno contro uno con Hien e in quel duello si è consumata la sfida: avesse vinto l’uzbeko, magari sarebbe andata in vantaggio la Roma e chissà che cosa sarebbe accaduto, ma l’ultimo dribbling non ha funzionato e l’insidia è stata respinta. E pochi minuti dopo, al 24’, un’azione insistita bergamasca ha portato prima ad un salvataggio di Hummels e poi a un tap-in di De Roon su cui decisiva è stata la deviazione di schiena di Celik.
PER TERMINARE DI LEGGERE L’ARTICOLO CLICCARE QUI
FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco