La Roma alza il muro. Che non vuol dire solo immergersi nel lavoro allontanando gli occhi curiosi puntati addosso: qui ad Albufeira il gruppo è controllato/protetto a vista, dall’alto (con vigilanti sulle collinette e guardie del corpo a scortare l’entrata e l’uscita dei calciatori da hotel e campo d’allenamento) e dal basso (steward presenti su ogni angolo dello stadio Monumental, che ospita la Roma per il lavoro quotidiano e per almeno un paio di amichevoli portoghesi).
Mou alza il muro anche all’interno, provando a migliorare un reparto, quello difensivo, che ha già dato in passato ottimi risultati, risultando tra i migliori sia nel primo sia nel secondo anno con lo Special in panchina. Se è noto come la squadra manchi ancora di qualche pedina, a centrocampo e in attacco, è altrettanto palese che là dietro si viaggi nell’abbondanza, che José ha scoperto qui essere quasi una parola magica.
Mou sta impostando il lavoro su ciò che è già collaudato: la difesa a tre, o a cinque se vogliamo essere più precisi. Dentro ci sono già due novità rispetto alla scorsa stagione, una è un esterno destro, abile a giocare anche a quattro, Rasmus Nissen Kristensen, danese di ventisei anni, prestato dal Leeds, 70 chili per 187 centimetri.
Evan Ndicka, francese con cittadinanza ivoriana, preso a parametro zero dall’Eintracht Francoforte, una statua di 82 chili distribuiti su 192 centimetri, che già risulta essere il migliore nei test fisici. Presente in ritiro anche Ibañez, da tempo destinato a partire: Roger al momento viene dietro i tre (possibili) titolari, Mancini, Smalling e, appunto, Ndicka, più Llorente che al momento è avanti al franco-ivoriano, se non altro per le sue maggiori conoscenze del reparto, visto che è alla Roma da sette mesi.
Llorente con Mourinho ha fatto il centrale e il braccetto di sinistra e lo stesso è chiamato a fare Ndicka, quindi come titolare al posto di Ibañez oppure come alternativa a Smalling. Con i quattro, spesso il sacrificato è Mancini, nonostante sia uno dei leader della difesa (e della squadra), ma è solo una questione di caratteristiche tecniche. Ma vedremo. In mezzo al momento c’è abbondanza, perché Mou può contare – finché è qui – su Ibañez, considerato da sempre un titolare, nonostante qualche amnesia di troppo.
E va ricordato che in questo momento è out Kumbulla, alle prese con la riabilitazione del ginocchio. Ma l’albanese non è mai stato considerato troppo nelle rotazioni, pure lui era destinato a partire prima dell’infortunio. Anche a destra, c’è uno di troppo in questo momento ed è Karsdorp, ma l’olandese è un altro con il piede (e forse la testa) altrove, la Roma attende un’offerta e una possibilità concreta per trattare la sua cessione. Le coppie di esterni “titolari” sono Celik e Kristensen da una parte, Spinazzola e Zalewski dall’altra. Di questi, solo il polacco fa più fatica a giocare nei quattro, ma questa è un’ipotesi al momento secondaria. Quello in più a sinistra, Viña, è stato lasciato a Trigoria, pure lui in attesa di trovare una squadra.
Mou ha gli uomini migliori possibili per organizzare una squadra che sappia fare della difesa la sua arma principale, pensando che là davanti Dybala possa risolvere tutto. Ma come noto, Paulo non basta, uno solo, seppure il migliore, non basta mai per una stagione lunga e stressante. Là davanti serve uno sforzo, per raddoppiare i ruoli come in difesa: solo Pellegrini in Aouar ha il suo alter ego, per il resto ci sono calciatori interscambiabili come El Shaarawy e Solbakken, un giovane di belle speranze come Pagano, ma poi c’è il solo Belotti come attaccante centrale.
Ed ecco perché Mou ha bisogno di un Alvaro Morata, capace di essere bravo a colpire e a lavorare per gli altri. Un giocatore esperto, pronto. Anche Gianluca Scamacca va bene, ma ha altre caratteristiche: lui è un centravanti puro. Insomma, la difesa resta un muro (lo scorso anno presi solo 38 gol, meno dell’Atalanta e le due milanesi e più di Napoli, Juventus, Lazio, le palle inattive continuano ad essere una prerogativa mourinhana (con Aouar tiratore in più, oltre a Pellegrini), ma lì davanti lo Special si aspetta il colpo. Per non fargli perdere il sorriso e restare chiuso al di qua del muro.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni
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