Cos’altro può succedere in questo inizio di stagione della Roma, già destabilizzato dall’esonero di una bandiera? Il pranzo è servito: le dimissioni del Ceo Lina Souloukou. Arrivate con uno scarno comunicato dei Friedkin: “Ringraziamo Lina per la sua dedizione in una fase particolarmente critica per il club e le auguriamo il meglio per le sue future sfide professionali“. Nella scelta della dirigente greca ha di certo pesato il clima ostile che da alcuni giorni ruota attorno alla proprietà e l’ha vista coinvolta in alcuni striscioni comparsi fuori da Trigoria.
Tali da portare la prefettura a mettere sotto tutela lei e i suoi due figli. “L’ho saputo da Sky mentre ero a pranzo. Mi dispiace, sono state situazioni familiari, i figli sono al primo posto, mi dispiace umanamente per lei, è un momento molto difficile” ha raccontato il tecnico in tv. Ma può bastare uno striscione a spiegare le dimissioni? No.
A Trigoria raccontano come Lina Souloukou e i Friedkin non siano mai stati così lontani. Una distanza diventata plastica negli ultimi giorni, quando la proprietà è atterrata a Roma. Il dettagliato report di Eric Williamson (braccio destro del presidente) e i colloqui con i senatori dello spogliatoio hanno mostrato ai Friedkin una realtà ben diversa dal racconto riportato alla presidenza in questi mesi da Lina Souloukou.
Dalla gestione del mercato alla questione Dybala, fino alla cacciata di De Rossi. Una triangolazione che ha portato la proprietà a scegliere un colpevole. Lei. I Friedkin hanno dimostrato di vivere soprattutto di consenso popolare da quando sono a Roma. Il dissenso non è ben visto. Men che meno una contestazione come quella di ieri all’Olimpico. Da qui la risoluzione.
La decisione dei proprietari, nettissima, avrebbe spinto Lina Souloukou a giocare d’anticipo. Meglio uscire da dimissionaria che con un licenziamento. Nel comunicato c’è un passaggio chiave: i Friedkin parlano di una “costante attenzione ai valori che rendono la nostra squadra così speciale”. Traduzione: qui contano le bandiere, le radici e i tifosi.
Tutto quello che l’ad aveva contro. E per una proprietà molto attiva nell’allontanare i “colpevoli”, additare Lina Souloukou come responsabile è stata quasi una conseguenza. Restano dei dubbi che coinvolgono soprattutto gli ultimi giorni vissuti a Trigoria. Perché licenziare De Rossi? È stato proprio il suo esonero a far esplodere la contestazione. Una scelta avallata dagli stessi Friedkin non meno di cinque giorni fa. Non immaginavano che questo avrebbe prodotto un terremoto di consensi? Perché assecondare la scelta di una dirigente per poi accompagnarla all’uscita? Qualcosa nella gestione “da remoto” è andato storto.
FONTE: La Repubblica – M. Juric