La ragion pura di Mourinho sta, come quella di Kant, tra coscienza delle possibilità e quella dei limiti. La Roma del “filosofo” portoghese è un esercizio di razionalità tattica, sostenibilità agonistica, misura dell’azzardo creativo. Tutto da tentare e nulla da rischiare. Di questi ingredienti è fatta una partita perfetta, che vale il punteggio pieno, tre su tre, in Europa League e l’allungo sui rivali di Praga. Alla vigilia della supersfida di San Siro contro l’Inter capolista, una prestazione come quella vista ieri tira su il morale.
Il simbolo di questo primato dell’intelletto è El Shaarawy, inesauribile fonte di saggezza e dimostrazione che anche l’intelligenza nel calcio ha il peso che si merita. Il Faraone non ha una corsa travolgente, ancorché è rapido, non ha colpi proibiti, magie tecniche, ancorché maneggia il pallone con la diligenza di un amministratore. Semplicemente fa sempre la scelta che concilia l’efficacia più alta con il rischio più basso. E non sbaglia mai.
Gli otto gol di Romelu in dieci partite, tra campionato ed Europa League, dicono tutto il rinascimento di un attaccante che soffre le tensioni dell’ambiente come pochi. Non a caso le prestazioni delle ultime due stagioni a Milano e a Londra sono imparagonabili con lo scoppiettante esordio giallorosso. Segno che Mourinho continua a spalmare il suo collante di fiducia, di energia, di solidarietà nel gruppo.
Intendiamoci, la Roma è ancora a galleggiare al settimo posto con cinque punti in meno dell’anno scorso, ma se ha vinto di fila le ultime cinque gare (tra l’Italia e l’Europa) vorrà dire qualcosa?
Non sarà lo stesso con Lautaro e compagni. Per la diversa caratura tecnica dell’Inter rispetto allo Slavia. E perché il gioco di Inzaghi non diverge da quello di Mou. Il che fa della partita di San Siro un’autentica gara di scacchi.
FONTE: Il Corriere dello Sport – A. Barbano