Chissà se a Roma avrà il successo e la popolarità che ha in Armenia. Qui si fa presto a diventare idoli, basta davvero poco: una finta di corpo, un colpo a effetto, un gioco di prestigio, una percussione verso la porta e magari una rete alla Juve o alla Lazio. Roma è città di passione, si sa, Henrich Mkhitaryan se ne accorgerà molto presto, lui è il classico calciatore di cui un tifoso medio si innamora.
Fin qui ha avuto poco tempo ore a disposizione per vivere la Capitale e la gente non ha vissuto lui. Ma tornerà, c’è curiosità di vederlo all’opera e lo è soprattutto Paulo Fonseca, che ha disegnato su di lui un pezzo del gioco offensivo della Roma. Lo abbiamo sbirciato ieri, con la maglia della sua amata Armenia, contro la nostra Italia. Non avevamo certo bisogno di questa partita per capire di chi stiamo parlano. Mkhitaryan, per chi segue un minimo il calcio, è ben noto.
Ha giocato in Germania e Premier (e non solo), quindi lo conoscono tutti. Nel suo paese è un eroe, veste la fascia di capitano della nazionale armena, comanda il gioco, da leader indiscusso. Leader tecnico e uomo squadra. Un comandante in patria, uno che in campo fa un po’ quello che vuole, con giustificata anarchia. Mkhitaryan non è un funambolo, ha una tecnica essenziale, un semplificatore di gioco.
Ama andare dritto, attaccare la porta, da bravo attaccante verticale, come in teoria piace a Fonseca. Sempre con la palla tra i piedi, si dedica all’assist e ha pure il vizio del gol, partendo dal centro, o dagli esterni. Giocatore perfetto? No, non parliamo di Messi, né di Neymar, ma è un calciatore serio, abituato a stare all’estero, all’ambientamento difficile, alle difficoltà.
ESPERIENZA – Ha giocato in Ucraina, nello Shakhtar di Lucescu, in Germania, con Klopp poi con Tuchel, in Premier League, Manchester (con Mourinho) e Arsenal (Emery). Un giramondo poliglotta. Che parla la lingua del pallone. Un trequartista centrale, anche ieri schierato lì, nel 4-2-3-1, schema che ritroverà anche nella Roma di Fonseca. Gli piace stare nel mezzo, anche se Tuchel lo spostò, con successo, sulle fasce, sia a destra sia a sinistra.
Ora, con l’infortunio di Under, molto probabilmente lo ammireremo a sinistra, con Zaniolo a destra e magari Pellegrini in mezzo (o sulla fascia, come ieri sera). Quel tipo di trequartista in Italia non lo vediamo spesso, siamo legati all’idea del Perrotta del Cristante o oggi dello Zaniolo in quella posizione, ovvero un centrocampista e non un attaccante.
Questione di equilibri che tutti gli allenatori, e qui Fonseca, cercano per le proprie squadre. Mkhitaryan è abituato a fare un po’ quello che vuole, proprio per sfruttare le sue qualità tecniche e di attaccante. Nella Roma, con Dzeko che si abbassa a fare il trequartista, forse potrà trovare giovamento nel ruolo di esterno.
Quello che prende il pallone e si accentra, uno che vede la porta e il compagno. Un giocatore, per la sua storia, di spessore. Nel tempo ha perso un po’ di velocità, ma resta un rifinitore esperto, tecnico e con capacità di leggere il gioco. Ieri ha vissuto di lampi. Può anche fare meglio.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni