Silenzio, non parla Friedkin. Calma piatta a Trigoria sul fronte rinnovi a otto mesi dalla scadenza dei contratti dell’allenatore e del general manager della Roma. José Mourinho e Tiago Pinto, almeno per quanto filtra ad oggi, non conoscono il proprio futuro e l’incertezza si riflette anche nella pianificazione più immediata. Un tema, questo, emerso già ad inizio stagione quando suonava quantomeno inusuale iniziare il campionato con le due figure più importanti dell’area sportiva con la clessidra girata.
Per ovvie ragioni la posizione di Mourinho risulta mediaticamente più ingombrante, e il tecnico lascia intendere più o meno velatamente che entro l’inizio dell’anno si aspetta una presa di posizione dalla proprietà e che lui sarebbe disposto a discutere sul proprio futuro nella Capitale. Ma da Mr. Dan nessuno spiraglio.
Anche la posizione di Pinto resta quantomeno ambigua, e pur avendo meno risalto nelle chiacchiere quotidiane sulla Roma, il suo destino è cruciale anche per quello della squadra. C’è un mercato di gennaio da fare, seppur con risorse limitatissime, dei contratti di calciatori in scadenza (Spinazzola e Rui Patricio, non certo due figure di contorno) e una pianificazione che i grandi club iniziano già a stagione in corso.
L’aria di confusione e incertezza che c’è attorno a Trigoria emerge anche all’esterno, con il disorientamento delle controparti protagoniste delle dinamiche di mercato. Chi prende le decisioni a Trigoria? Ci sarà Pinto o Mourinho il prossimo anno? O addirittura entrambi? Questa ultima ipotesi sembra molto complicata, non tanto per i rapporti tra i due protagonisti che almeno nella narrazione degli stessi sono ottimi. Quanto più per un’evidente (siamo al terzo anno) distanza di vedute e di strategie.
Resta il fatto che non esiste una contrapposizione e che non è interesse né dell’allenatore né del direttore di chiedere l’uno la testa dell’altro. Ma una risposta, che può prevedere anche una doppia conferma, deve necessariamente arrivare dalla proprietà. Per la salute del club, per la stabilità del progetto e per la credibilità nei confronti di possibili obiettivi di mercato ma anche nei confronti dei calciatori che oggi vestono giallorosso.
Una chiarezza invocata e tipica della gestione “italiana” delle società calcistiche, ma probabilmente poco affine (come abbiamo imparato a conoscere in questi tre anni abbondanti) dei Friedkin. Non per mancata trasparenza, ma più per un modus operandi che crede fermamente nel rispetto dei contratti e pretende libertà di scelta nei tempi e modi ritenuti opportuni. Colpe emeriti dei due portoghesi sono facilmente analizzabili dal lato della proprietà: i risultati della squadra, l’impatto del mercato sia a livello sportivo che economico e gli obiettivi raggiunti saranno il metro di giudizio per la famiglia texana.
Non oggi, né domani, ma il tempo stringe e qualche indicazione, se non risposte definitive, urgono per capire che Roma sarà dal 1 luglio 2024.
FONTE: Il Tempo – L. Pes