La loro amicizia è nata fuori dal campo: una playlist, un consiglio per lo shopping, perché a volte non serve parlare la stessa lingua per intendersi. È presto per dire se ci ricorderemo di Abraham e Zaniolo come di una delle grandi coppie d’attacco del nostro campionato. Ma certo sembrano avere un’istintiva predisposizione a cercarsi, a scambiarsi, a mescolarsi. Nel calcio del tridente, del falso nove, in cui il centravanti è sempre più lo spazio e in cui se un numero 9 c’è è sempre il finalizzatore unico, la Roma torna al doppio attaccante, come l’Inter di Inzaghi e del fu Conte.
Il gol che ha sotterrato l’orgoglioso ma confuso Torino di Juric è figlio della migliore combinazione possibile tra i due: Mkhitaryan che imbuca, la finta di Zaniolo a scavalcare il pallone per aprire ad Abraham lo specchio della porta, soltanto da infilare. “Il feeling tra loro è iniziato fuori dal campo”, ha raccontato Mourinho, che del campo si ciba e che su quell’intesa spontanea ha costruito un’arma. “C’è un piccolo gruppo di giovani che stanno spesso insieme, magari è un bene per Nicolò che così può imparare l’inglese. Ma la loro connessione in campo è evidente, per le loro caratteristiche“.
L’abbraccio spontaneo con cui Abraham e Zaniolo hanno festeggiato quel gol sembra una dichiarazione di intenti, nonostante le loro differenze: Abraham ama lo show, e mentre il Var Banti decideva, dopo un’attesa di 5 minuti, di cancellare il rigore conquistato dal El Shaarawy, si è messo a palleggiare con numeri circensi (si era parlato di un blackout tecnico nel centro Var di Lissone, escluso però dal provider della Lega Serie A, Hawkeye). E poi al fischio finale ha esultato sfrenato, in ginocchio, mentre Zaniolo stramazzava esausto, dopo aver lottato, protestato, contrastato, tirato, imprecato.
Per mettere in fila la terza vittoria di fila coppe comprese, Mourinho ha scelto la semplicità: un modulo affidabile, la difesa a tre usata per un anno intero da Fonseca, linea bassa — molto bassa — con ripartenze veloci. “Mi piace tanto vincere così e ho detto ai giocatori negli spogliatoi che preferisco aver vinto in questo modo che 5-0: questa è la vittoria dello sforzo, della concentrazione“.
Semmai è a Juric che non è piaciuto perdere così: “Abbiamo stradominato, ma se hai quasi il 70 per cento di possesso poi ti serve precisione nell’ultimo passaggio“. In comune hanno di aver perso il capitano per stiramento: per Belotti guai ai flessori, per Pellegrini al quadricipite. Disagi azzurri, per fortuna alla Macedonia mancano ancora 4 mesi.
FONTE: La Repubblica – M. Pinci