Chi dice che i tifosi amano solo i vincenti? Di sicuro quelli della Roma, da questo punto di vista, si stanno dimostrando assai diversi rispetto a una vulgata che accompagna spesso il mondo del calcio. La parabola di José Mourinho, per certi versi, può essere paradigmatica, anche perché non è stato certo il successo nella Conference League a creare quel legame viscerale che lega il popolo giallorosso all’allenatore portoghese.
Così, proprio quando la squadra deve ritrovare la propria anima, le statistiche raccontano come nella storia della Roma – tra i tecnici che hanno guidato la squadra in almeno venti partite di campionato – come media punti-partita lo Special One veleggi malinconicamente al tredicesimo posto (1,61), come si vede dalla grafica qui accanto. Davanti a sé Mourinho non ha soltanto totem come Luciano Spalletti o Fabio Capello, ma anche allenatori come Carniglia, Burgess o Kovacs che forse i tifosi più giovani farebbero fatica a ricordare.
Certo, le posizioni in classifica delle ultime due stagioni, comunque, di sicuro non sono state all’altezza delle aspettative della Roma, anche se il cammino nelle coppe europee ha oscurato le ombre del campionato. Poi, certo, esiste sempre l’esercito dei complottisti che vedono Mourinho zavorrato dagli arbitraggi, ma è un argomento fragile, visto che a suo tempo – da Capello a Zeman – sono stati tanti i tecnici che si sono lamentati per delle direzioni di gara penalizzanti, soprattutto prima dell’esplosione di Calciopoli.
E in questo senso, anche qui tifosi più attempati potrebbero esibire un “cahier de doleances” in grado di cancellare quello che è successo negli ultimi due anni. Ma che lo Special One sia rimasto incagliato in qualche modo al tema dei fischietti, lo dimostrano anche le poche battute rilasciate a Sky, di cui è testimonial per le coppe europee. Quando gli chiedono di scegliere fra la finale di Europa League vinta col Manchester United e quella persa a maggio alla guida della Roma, replica. “Scelgo entrambe. Vincere col Manchester United si può dire sia un’emozione normale. Su quella contro il Siviglia, se dico quello che penso, prendo dieci partite di squalifica“.
E quanto ormai sia forte il suo legame con il mondo giallorosso lo dimostra anche il modo in cui parla delle due partite di Coppa giocate contro il Feyenoord e il Leicester. “Scelgo la prima, però potevo anche scegliere l’altra. Non ho mai pianto in campo dopo una sconfitta, qualche volta piango dopo una vittoria e queste due sono state storiche per la Roma“.
Alla luce di tutto questo, non sorprende di come il popolo giallorosso sia innamorato dell’allenatore portoghese. Stupisce di più, forse, come questo clima di euforia collettiva finora non abbia contagiato la proprietà statunitense. A meno di dieci mesi dalla scadenza del contratto, il futuro dello Special One è ancora in bilico. L’obiettivo legato alla qualificazione alla prossima Champions League, infatti, è la stella polare della Roma. Solo così, forse, Mou riuscirà a essere Special.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini
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