Gli occhi. Li abbiamo visti impazzire di gioia, li abbiamo visti spenti (ma mai bassi) dopo qualche sconfitta. Ieri gli occhi di Daniele De Rossi erano perle vive che cercavano l’uscita dal guscio. Il guscio è la vigilia, unica come può esserlo quella del primo derby – si spera di una infinita serie – ma una tra le tante di altri impegni, ognuno fondamentale per il presente e per il futuro della Roma: (…).
Essere Daniele De Rossi significa dover reggere il peso di emozioni che schianterebbero l’anima di qualsiasi altro essere umano. Metteteci dentro tutto: il passato da calciatore (con quello che ha rappresentato), l’amore per la Roma che come sempre per lui prescinde da tutto, la nuova carriera da allenatore, la chiamata della Roma come primo passo forte della nuova carriera, il confronto con la Lazio, la precarietà di una posizione di classifica che ha ereditato e a poco a poco aggiustato, la possibilità di riportare la sua Roma in Champions League, il fatto di giocarsi anche il suo stesso futuro professionale.
Shakerate tutto e vi renderete conto che anche solo uno di questi fattori presi singolarmente potrebbe essere insostenibile per anime fragili. E invece non solo Daniele De Rossi sembra in grado di assorbire tutte queste emozioni messe insieme, ma in qualche modo i 50.000 romanisti che oggi avranno il privilegio di accompagnarlo si affidano a lui per attraversare con disinvoltura anche quest’altra prova di resistenza cardiaca. (…)
Nessuno più di lui è in grado di guidare oggi questa ciurma di marinai a volte un po’ indisciplinati (a Lecce molti di loro non si sono comportati bene, ma l’hanno capito) e di portarli lavorando nel tempo sul livello di consacrazione ancora maggiore rispetto a quello già alto raggiunto negli anni con Mourinho. (…)
Ancora una volta la Roma è stata infatti in grado di arrivare ad aprile con i principali obiettivi ancora integri. In fondo, ha detto Daniele ieri nei pochi accenni di tattica concessi in conferenza stampa, si tratta sempre di una partita da preparare sul campo. (…)
Per rinverdire la tradizione, Ddr si affiderà ai suoi uomini migliori, a quella, che al netto degli squalificati e degli infortunati, può essere considerata comunque la formazione titolare, quella in grado di esprimere le maggiori potenzialità della squadra.
Tatticamente sarà la Roma a gestire il pallone, ma se la partita di Lecce ha dato un insegnamento è che bisogna fare molta attenzione a contenere la propositività del proprio gioco offensivo per non favorire le potenzialità delle transizioni avversarie che si concretizzano in superiorità numerica. (…) Daniele De Rossi: l’uomo giusto, al momento giusto, sulla panchina giusta.
FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco