Lentezza e, conseguente, indeterminatezza: se non è la burocrazia, sono i tribunali. In questo caso specifico, quello civile che ha in ostaggio lo stadio della Roma a Pietralata da oltre un mese generando, così, l’incertezza più totale su chi ha ragione e chi ha torto fra Comune e residenti. E la Roma. con il suo investimento da un miliardo di euro, ci finisce nel mezzo. Non esattamente un bel biglietto da visita per chi vuol fare imprenditoria nella Capitale.
Lunedì mattina geologi e trivelle finalmente sono rientrati nelle aree di Pietralata, prima interdette, liberate con lo sgombero forzato il 7 agosto scorso. Parliamo di due aree, fino al 7 agosto, nel possesso di due nuclei familiari. Quando il Comune, in primavera, chiede a queste persone di farvi accedere i geologi incaricati dalla Roma di eseguire i rilievi e i carotaggi, questi due residenti presentano ricorso al tribunale civile: «in attesa di decidere se la proprietà di queste aree è del Comune o nostra – è la sintesi dei ricorsi – va comunque tutelato il possesso di queste aree che è nostro». Due diversi giudici danno ragione ai residenti.
Il Comune emette due ordinanze di riacquisizione forzata delle due aree. Ovviamente, i due residenti fanno ricorso chiedendo di sospendere l’efficacia delle ordinanze comunali. I residenti fanno ricorso al Tar contro quest’ultima. I giudici respingono i ricorsi. Anzi, evidenziano come non vi siano elementi a sostegno per sostenere che la proprietà sia di questi due soggetti. Insomma, un’occupazione senza titolo. Vengono presentati ben tre ricorsi al Consiglio di Stato, che è il giudice di appello del Tar. Consiglio di Stato che conferma le decisioni del Tar.
Solo che rimane la questione delle due ordinanze di “tutela possessoria”. Nonostante non vi sia più l’elemento del possesso, formalmente le ordinanze sono ancora in vigore. Contro di esse, l’Avvocatura capitolina ha presentato ricorso. Le udienze erano state fissate una il 12 e l’altra il 25 settembre. Quella del 12 si apre e si chiude per un vizio procedurale e viene rinviata al 18 ottobre. Poi verrà rinviata una seconda volta, al 7 novembre.
L’altra, il 25 settembre si è regolarmente tenuta. Ma la sentenza appare persa nel limbo: ormai alla scadenza di un mese dall’udienza, non c’è ancora traccia della decisione del collegio giudicante. Che, in realtà, non pare avere di fronte un caso di particolare e bizantina complessità. Questa lentezza del Tribunale nell’emanare le sentenze determina le incertezze per tutti: Comune, residenti, comitati e As Roma.
FONTE: Il Messaggero – F. M. Magliaro