Oggi Simone Perrotta è coordinatore responsabile del dipartimento junior dell’Aic («Educhiamo circa 40 club ad un modello che possa crescere non solo calciatori ma anche, pià semplicemente, futuri appassionati di calcio») e vice presidente del Settore giovanile scolastico della Figc. Quasi vent’anni fa, fu il primo “nuovo 10” italiano. «Diciamo un 10 più moderno: non tutto fantasia, ma inserimento, corsa. (…)
E poi fu Spalletti a completare quel processo… «Esatto. Anche perché quel modo di giocare si sposava bene con le qualità di tutti: Totti veniva dietro a giocare, io andavo alle sue spalle. Servivo a lui per creargli spazio dove fare la giocata, lui serviva a me per inserirmi».
La prima volta? «Stagione 2005-2006, penultima prima di Natale, giochiamo a Genova contro la Samp che era terza, si parlava addirittura di esonero di Spalletti. Totale emergenza offensiva, il mister mi fa: “Oggi fai il trequartista” . “E Francesco?”. “Davanti a te”. “E io devo fare il Totti?”. “Con le tue caratteristiche: prendi il mediano basso, Volpi, palla a noi Francesco viene a prendersela e tu schizzi alle sue spalle”. Andò bene: 1-1, gol di Francesco su mio assist, la domenica dopo 4-0 al Chievo e poi altre 10 vittorie di fila. E nacqui “trequartista di interdizione”, come mi chiamava Tommasi».
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Frattesi ha detto: Perrotta è stato il mio primo modello. «Non amo i paragoni, però mi fa piacere. Lui ha un vantaggio: ha occupato quella posizione presto, io ho giocato metà carriera in altri ruoli».
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FONTE: La Gazzetta dello Sport