Walter Sabatini, ex direttore sportivo della Roma, ha rilasciato alcune dichiarazioni soffermandosi su Luis Enrique, l’allenatore che portò nella Capitale nel 2011. L’ex dirigente giallorosso ha parlato di quelli che, secondo lui, sono stati i problemi avuti dal tecnico spagnolo durante la sua esperienza alla Roma. Di seguito le sue parole.
Sabatini, si ricorda di un certo Luis Enrique? “Certo, ho affetto e stima profonda sia per l’uomo sia per l’allenatore. Me lo segnalò Dario Canovi, che era in contatto con il suo agente. Poi mandai Ricky Massara e Pasquale Sensibile a vedere un paio di partite del Barcellona B. E tornarono estasiati dal suo modo di giocare”.
Quanto è diverso oggi dall’allenatore visto a Roma? “È cresciuto e invecchiato. Ma soprattutto è passato da una tragedia immensa come la scomparsa di Xenia, la figlia. Ma Luis ha saputo reagire in modo superbo, con una dignità eccezionale: non vuole essere compianto, consolato. È come se avesse un patto segreto e intimo con la figlia, quasi come se si parlassero. È una questione di fede e credo che ogni sua vittoria o esultanza sia dedicata alla bambina”.
Ma perché Luis Enrique a Roma non funzionò? “Semplice, l’ambiente non lo ha trattato decorosamente, c’è chi lo chiamava addirittura Stanlio. E lui di tutto ciò rimase dispiaciuto. Io, Baldini e Pallotta lo abbiamo supplicato di restare, ma non ne ha voluto sapere. Il Psg ha rinunciato alla propria strategia di acquisire giocatori, puntando tutto sui giovani. Ecco, se a Roma avesse trovato la stessa fiducia che ha trovato a Parigi allora sarebbe stato diverso”.
Anche perché pure quella Roma era costruita sui giovani di livello… “Sì, ma ci sarebbe voluto un indirizzo comune e forse qualche errore l’abbiamo commesso anche noi con lui. Ma Luis era l’idolo dei giocatori, tranne due o tre. De Rossi era affascinato, veniva spesso nel mio ufficio per dirmi che gli sembrava la prima volta che giocava al calcio visto che Lucho chiedeva ai giocatori cose a loro sconosciute”.
Per come lo conosce lei, Luis Enrique come conquista i suoi giocatori? “Perché è un grande lavoratore ed è equo, con lui non esistono favoritismi. È un allenatore “giusto” e di questo i giocatori se ne accorgono. Con noi il suo criterio di giudizio non si spostava mai: quello che era per Totti valeva anche per Bertolacci”.
I problemi a Roma nacquero tutti dalla famosa eliminazione con lo Slovan Rratislava, ad agosto, nel playoff di Europa League. Si ricorda il video virale su Verre? “Certo, ma poi Verre è stato calciatore. A volte lo faceva giocare anche al posto di Totti e questo ci fa capire di che allenatore stiamo parlando”.
FONTE: La Gazzetta dello Sport











