Dybala o non Dybala, (non) è questo il problema. Almeno non dovrebbe esserlo, visto che stiamo parlando, al netto degli stop fisici, dal punto di vista tecnico del miglior calciatore del nostro campionato, l’unico in grado di regalare un sogno.
Perché, come ci ha regalato la poesia di Ivano Fossati, c’era un tempo sognato che bisognava sognare e Dybala, appunto, rappresenta perfettamente tutto questo nei confronti di una tifoseria che in poche settimane dal via della campagna abbonamenti, ha già garantito un numero superiore alle trentacinquemila presenze, il tutto senza sapere minimamente che Roma sarà quella della prossima stagione. Eppure si racconta che a Trigoria non ci sia una dirigenza capace di sognare.
L’argentino con la Roma ha un contratto in scadenza il 30 giugno del prossimo anno, contratto che prevede un’opzione per il prolungamento per un’ulteriore stagione a patto che l’argentino giochi il 50% delle partite. È un contratto pesante, è vero, perché garantisce al giocatore un ingaggio netto annuale da circa 8 milioni.
Cifra che in quest’epoca di spending review orchestrata dal Ceo giallorosso stride con quell’operazione risparmio che da un po’ di tempo, anche se non tutti se ne sono accorti, è in atto in casa romanista.
Con questo vogliamo dire che se mai si dovesse appalesare un club, con il consenso del giocatore, che nella finestra dal primo al trentuno luglio decida di versare nelle casse romaniste i 12 milioni previsti dalla clausola per salutare, a Trigoria non tutti ne sarebbero dispiaciuti. Tra questi non è compreso De Rossi che il più grande estimatore della Joya in casa Roma, conseguenza della consapevolezza che c’è una Roma con Dybala e una senza.
FONTE: La Repubblica – P. Torri