Con Trigoria aperta per pochi intimi (out gli 8 ‘nazionali’ e i dirigenti Fienga, Zubiria e Calvo a rapporto negli Usa da Pallotta), Pastore con una mano fasciata (frattura del mignolo) ma in campo e parte della rosa impegnata a recuperare dai rispettivi infortuni – Pellegrini, Diawara, Zappacosta, Perotti, Under, Cetin, Florenzi, Mkhitaryan e Dzeko (che ha avuto il permesso di assistere al match della Bosnia) – c’è spazio anche per una buona notizia. Sì, perché Perotti sta tornando a disposizione.
Out il 24 agosto per una lesione miotendinea al retto femorale destro, l’argentino – dopo 47 giorni – è tornato ieri ad allenarsi parzialmente con l’esiguo gruppo a disposizione di Fonseca. Ora si candida a rientrare tra i convocati per la trasferta di Genova per poi giocarsi una maglia da titolare con il Milan. Un’assenza, quella di Diego, probabilmente sottovalutata. Se è vero che ha permesso a Fonseca di rilanciare Kluivert, Perotti nel gioco del tecnico è un tassello fondamentale.
La Roma, infatti, è una delle squadre che ama maggiormente tentare il dribbling per creare la superiorità numerica. I giallorossi, in serie A, sono terzi (in compagnia di Napoli e Sampdoria) dietro alla Fiorentina (100) e al Milan (98). Ottantatré i tentativi: 40 riusciti, 43 sbagliati. Della serie: soltanto un dribbling su due va in porto. Per questo motivo, l’argentino è fondamentale.
Non avrà più la media del Siviglia (5.2 a partita) e forse nemmeno quella del periodo genoano (3.9),ma nella Roma rimane l’elemento più efficace nell’uno contro uno (quasi 3 dribbling di media in campionato, addirittura 4.1 nella Champions 2017-18). Una panacea per un attacco che ha subito un’involuzione, passando da una media di 3 reti nei primi 4 match a 1 nei successivi 5.
FONTE: Il Messaggero – S. Carina