Calcio e consapevolezze. Il binomio che rappresenta ciò che la Roma degli ultimi due mesi sta mostrando all’Europa intera, guidata dal suo allenatore. Quella scelta che lo scorso 16 gennaio sembrava affrettata e opportunista da parte della proprietà e che invece ora, per merito di De Rossi innanzitutto, sembra la migliore possibile.
Da premiare il coraggio dei Friedkin che all’alba del girone di ritorno e con la squadra nona in classifica hanno deciso di esonerare Mourinho e affidare la squadra a DDR. Poca esperienza e un’avventura negativa alla Spal il curriculum dell’ex centrocampista, ma questo non lo spaventa. Un concetto è chiaro nella sua testa fin dal primo giorno che ha messo piede a Trigoria, che è lo stesso che ha trasmesso da subito ai calciatori: “Siamo una squadra forte”.
Lo ha ribadito anche giovedì sera dopo la miglior partita della sua gestione (ormai lo si ripete al termine di ogni gara in un crescendo di vittorie e bel gioco) contro l’amico e maestro De Zerbi stritolato all’Olimpico. Un martello pneumatico nella testa di un gruppo svuotato da mesi difficili, soprattutto a livello nervoso, e che ora scende in campo col sorriso e con la voglia di divertirsi. Divertirsi vincendo, però, perché dietro alla voglia di giocare bene a calcio c’è quella di vincere. Una necessità per Daniele, al quale è stato chiesto di riportare la Roma in Champions League dopo sei anni di assenza, “troppi” anche per il tecnico stesso.
Anche se in Europa questa squadra, da Fonseca a DDR passando per le cavalcate trionfali di Mourinho, ha trovato il suo habitat naturale e ora si accinge a ritrovarsi per l’ennesima volta tra le migliori otto dell’Europa League, anche se non bisogna assolutamente sottovalutare i novanta minuti di giovedì in Inghilterra, come saggiamente ha ricordato l’allenatore subito dopo il fischio finale “se pensiamo di essere già passati a Brighton ci ribaltano”.
Comunicazione perfetta ed efficace. Altro aspetto che lo ha reso da subito credibile ai tifosi, ma prima di tutto ai giocatori. “Non solo vedo che fanno quello che chiedo, ma ci credono” aveva detto alla vigilia di Roma-Brighton. Detto fatto, verrebbe da dire visto i novanta minuti da stropicciarsi gli occhi di giovedì scorso all’Olimpico. Ma anche il lato “mediatico” dell’ex capitano giallorosso si inserisce nel complesso delle caratteristiche e dei meriti che lo hanno reso un punto di riferimento per lo spogliatoio e per la società.
“Non abbiamo fatto nulla” aveva detto alla squadra dopo Monza, e nonostante la qualificazione ipotecata in Europa e il quinto posto in campionato, la strada per la Champions è ancora lunga e ripartirà già da domani sera a Firenze in un match tutt’altro che semplice. Ma oltre ai numeri, straordinari, delle sue prime dieci gare da allenatore della Roma, è la trasformazione totale che la squadra ha avuto nelle sue mani in soli cinquanta giorni di gestione che sta convincendo i Friedkin, lungimiranti già due mesi fa, che la strada è quella giusta. E allora, non resta che il rinnovo.
FONTE: Il Tempo – L. Pes