Lorenzo Pellegrini è cresciuto, è diventato uomo. Uomo squadra. E quella dieci della Nazionale gli sta proprio bene addosso, come ci racconta la storia dei grandi, come Totti, la maglia dei sogni, che spesso lui in Nazionale ha visto evaporare, raccogliendo illusioni.
Come nell’ultimo Europeo sfuggitogli dalle mani per nulla, per un infortunio che aveva sottovalutato e che nel ritiro prima dell’avventura delle notti magiche si era rimaterializzato. Addio ai sogni. Stavolta è infortunato, ha un problema al ginocchio (che si porta dietro da Tirana) e le partite non sono così importanti, ma lui quella maglia non la molla. “Resto qui”, ha detto l’altra sera dopo Italia-Ungheria nella zona mista del Manuzzi.
Ma da quella rinuncia forzata all’azzurro, è cominciato l’anno d’oro, non a caso con José Mourinho ha fatto il salto di specie. Da calciatore bello a gran bel calciatore, uno a cui non si rinuncia mai e Mancini ora lo ha compreso. Un signor tutto, Lorenzo: trequartista, centrocampista-mezz’ala, attaccante. Tocca un’infinità di palloni, produce assist, fa gol. Capitano. Sette nella Roma, dieci in Nazionale. Come Totti, che il Mondiale lo ha vinto e mentre lui lo ha solo schivato, per colpa di quella maledetta sera di Palermo.
Contro la Macedonia, solo pochi minuti (entrò al 77′: il ct lo lanciò nella mischia al posto di Immobile e sembrò una mossa dettata solo dalla disperazione), se Mancini ci avesse creduto prima. Un anno pieno di cose. La prima vittoria con la Roma, il raggiungimento della maturità nazionale in questo inizio estate di rifondazione.
Mancini ha trovato un uomo che ora farà sudare tutti, perché Lorenzo può giocare avanti (vedi Germania) e dietro (vedi Ungheria) sempre con la stessa qualità. Due gol in due partite, come altri suoi compagni azzurri hanno fatto in un anno. Chiaro, queste sono quasi amichevoli, però in qualche modo sono un segnale. Da cogliere bene. Anche se dovranno arrivare i gol degli attaccanti.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni
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