Il giorno dopo, è un ritorno alla normalità. Non c’è Trigoria nei suoi programmi, nella routine giornaliera e De Rossi può tornare a vivere semplicemente da Daniele. Se lo sarebbe volentieri risparmiato. Il sorriso forzato e signorile con il quale ha lasciato il Fulvio Bernardini mercoledì, tra due ali di folla, nascondeva amarezza e delusione.
La sua «seconda vita da donare alla Roma» è durata appena 246 giorni. Fino all’ultimo non ha voluto polemiche. Agli amici più intimi ha chiesto di non raccontare di sfuriate, litigi (addirittura ieri circolava un audio palesemente fake sui social con retroscena alla Ok Corral tra lui e parte della squadra) perché non ce ne sono stati.
I rapporti con la dirigenza non erano idilliaci, quelli con la Ceo Souloukou incrinati da tempo, ma l’addio è maturato con la semplicità e naturalezza di un nodo che si scioglie. Improvvisamente. A tal punto che una delegazione della squadra, capeggiata da Pellegrini, Dybala e Mancini, ha chiesto e ottenuto un incontro con la proprietà per capirne le motivazioni.
E così, intorno alle 10,35 di ieri, è uscito dal suo appartamento al Centro a piedi. Pantaloni e giubetto blu scuro, occhiali da sole e pochissima voglia di parlare. Neanche con un tifoso che lo ferma e gli dice: «Daniè ma che hanno combinato?». La smorfia vale più di mille parole. Non svolta verso il garage per prendere la sua macchina o lo scooter ma a passo svelto attraversa Lungotevere e costeggia Castel Sant’Angelo, dirigendosi verso Piazza dei Quiriti. Una passeggiata di una ventina di minuti per arrivare alla Chiesa di San Gioacchino dove alle 11 si svolgono i funerali dello storico medico giallorosso Ernesto Alicicco, spentosi martedì. (…)
FONTE: Il Messaggero