Dopo aver sfondato la porta ha azionato la mitraglietta: in tanti all’Olimpico hanno rivisto in quel gesto, in quelle gesta, le sembianze di Gabriel Omar Batistuta, il centravanti dell’ultimo scudetto. Ora i tempi sono cambiati e le ambizioni pure, ma al tifoso della Roma la sensazione di stropicciarsi gli occhi e verificare che Lukaku sia davvero lì a rappresentarne i colori rende speciale anche una partita ordinaria di Euroleague. Per questo anche lui ha voluto ringraziare la gente con l’accensione del sogno: paragonarsi a Batistuta è un esercizio esaltante, se titillato dalla dote già omologata di 8 gol stagionali.
Lo avevamo visto celebrare sotto alla Curva Sud il gol di El Shaarawy domenica scorsa. Non era suo ma un po’ sì perché in questa Roma che infila cinque vittorie consecutive (13 reti segnate, 1 sola subita e ininfluente su rigore) dopo la scoppola di Genova tutti hanno offerto un contributo al cambio di ritmo. E poi Lukaku non è soltanto il finalizzatore feroce che mira a sovrapporre record di fertilità uno sopra all’altro. (…)
Lo aveva detto a Cagliari, nella domenica della sua prima doppietta, quando ancora era lontano l’incrocio con il turbolento passato. Ma ormai ci siamo eh. Accusato di alto tradimento dall’Inter e dagli ex tifosi, Lukaku torna domani a San Siro come l’ospite che ha lasciato la stanza in disordine senza pagare il conto. Non ci saranno i fischietti ma i fischi sì. Indesiderato, per usare un eufemismo. Niente di insopportabile per un centravanti esperto. (…)
Lukaku ha già chiarito a Trigoria la sua posizione: non porta rancore a nessuno, anche se la “sua” verità è diversa ovviamente da come è stata raccontata a Milano. Non ha risposto con le parole «perché se rivelassi ciò che è successo tutti rimarrebbero scioccati» ma soprattutto perché «voglio pensare al campo». Campo vuol dire il presente, hic et nunc, chiamato As Roma. Non puoi chiedere un manifesto programmatico di fedeltà a un calciatore che, per rilanciarsi nella stagione dell’Europeo, ha firmato un contratto lungo appena 9 mesi: a luglio, rientrando nella sfera d’influenza del Chelsea, non sarà l’unico padrone del suo futuro.
Da parte sua Lukaku si comporterà con stile davanti al malcontento popolare, che in parte comprende essendo stato un tifoso. Non provocherà il Meazza, ancor meno la Curva Nord che lo ha osannato a lungo nel periodo di convergenza di interessi, ma se dovesse segnare ancora festeggerebbe alla sua maniera per non mancare di rispetto ai romanisti (ne sono attesi 5.000 a San Siro): non sarebbe strano se esibisse il solito indice davanti al naso. Sarebbe la maniera più efficace di zittire il chiacchiericcio con la potenza dei fatti.
Del resto è lui, Lukaku, la grande speranza della Roma in questo viaggio affascinante. Battere l’Inter in trasferta sarebbe difficile in ogni caso, come ha sottolineato Mourinho, figurarsi con tanti giocatori rimasti sul lettino dei fisioterapisti. Detto ciò: se il Sassuolo ha vinto a San Siro e il Bologna vi ha pareggiato, qualunque risultato può uscire da una partita di enorme tensione. Ed è prevedibile che quando Lukaku riceverà il pallone in una zona temibile, magari in progressione fronte alla porta, l’urlo di San Siro avrà il suono della paura più che del disprezzo: sempre di calcio stiamo parlando.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida