Daje Roma. Nessun’altra testata oggi potrà dire altrettanto a mente sgombra e a cuore leggero. È il giorno del raduno, il giorno in cui dovrebbero prendere forma le ambizioni dei tifosi e i propositi di tutti quelli che hanno l’onore di essere tesserati per la causa. Forse solo da queste parti il tasso delle aspettative è relativamente basso almeno in rapporto alle potenzialità dell’ambiente e non è detto che sia un problema.
Quale tifoso del Bayern avrebbe avuto aspettative ottimistiche quando, ad inizio novembre, fu esonerato Kovac dalla panchina dei bavaresi dopo il pesante 5-1 sofferto a Francoforte e il direttivo decise di dar fiducia a un signore che da 15 anni non allenava una squadra in prima persona? Zero, per l’appunto eppure con mister Flick hanno poi vissuto, beati loro, la stagione più trionfale di sempre, vincendo tutto, praticamente ogni partita e ogni trofeo.
Al momento le prospettive tecniche della Roma per la stagione che comincia oggi sono piuttosto contenute, ma ci sono anche diverse certezze da cui (ri)partire. In queste pagine vedremo di analizzare i più e i meno di modo che poi, come al solito, ogni tifoso possa farsi la sua idea.
I nodi da sciogliere: il ds Cominciamo dalle cose che ancora non convincono, quanto meno dai nodi da sciogliere: un primo, fra tutti, riguarda questa sorta di inattesa continuità nella gestione societaria nonostante tra il progetto preventivo e quello operativo ci sia stato addirittura un passaggio di proprietà. Quando il gruppo che faceva capo a Pallotta rilevò la Roma dai Sensi nel 2011, c’era già un organico ben definito: Baldini direttore generale, Fenucci amministratore delegato, Sabatini direttore sportivo, Baldissoni ideale uomo di raccordo tra la proprietà e la dirigenza pur senza ruoli operativi oltre a presidente, DiBenedetto, e vicepresidente, Tacopina.
L’organigramma societario tra Pallotta e Friedkin non è invece cambiato di una virgola. Sono rimasti tutti al loro posto e se questo è un indubbio vantaggio per la continuità strategica impersonata dall’amministratore delegato Guido Fienga, dall’altro lato è lecito credere che il nuovo proprietario stia ancora in qualche modo “studiando” la materia.
Così non è stato assunto neanche un direttore sportivo nonostante la cronaca abbia messo in evidenza i colloqui che il giovane Ryan ha portato avanti. Insufficienti, evidentemente, per decidere già una svolta tecnica. Così, evidentemente, il capo si è rimesso alla volontà di Fienga che probabilmente preferisce attendere ancora qualche mese e magari far fruttare i rapporti professionali nel frattempo consolidati con direttori al momento impegnati in altre società, tipo Paratici e Ausilio.
Il mercato contenuto Il riflesso più evidente sul mercato è che la strategia condivisa tra Fienga e Pallotta a giugno stia trovando una naturale prosecuzione, con la certezza, che non si poteva avere con il bostoniano, che non saranno neanche ascoltate proposte più o meno decenti. Dunque resteranno al loro posto i gioielli di famiglia Zaniolo e Pellegrini, con buona pace di tutte le articolesse che per settimane molti giornali stampati a nord di Roma hanno propinato ai loro famelici lettori, ma anche acquisizioni limitate all’ingaggio a parametro zero di Pedro dal Chelsea e, se tutto andrà bene, di Smalling dal Manchester, con lo scorno di aver dovuto rinunciare ai servigi dell’inglese in Europa League (e nessuno sa come sarebbe andata a finire col Siviglia se ci fosse stato anche lui). Più eventuali scambi per rinforzare quanto meno la difesa (con un centrale e un esterno di destra).
La sensazione dunque è che la concorrenza per la lotta al quarto posto sia ancora più affollata, considerando che Juventus e, anche al netto delle suggestioni-Messi, Inter, al momento sono al di sopra delle possibilità della Roma, con Lazio e Atalanta che davanti ci sono già finite e Milan e Napoli in grado di garantire piani di rafforzamento tecnici persino esaltanti, almeno per come vengono raccontati da tutti i giornali con dovizia di particolari.
Piuttosto sì è confermato ancora una volta come alla Roma e alle società del suo livello le campagna acquisti milionarie sono possibili solo previa cessione di giocatori di prima fascia: è ormai chiaro infatti che le plusvalenze necessarie (circa 100 milioni, a voler essere ottimisti) semplicemente sommando le cessioni dei giocatori di cui Fonseca non ritiene più indispensabile il contributo, stavolta non si riusciranno a raggiungere. Ma se ne occuperà Friedkin.
I dubbi su Dzeko Nella rosa dei 35 giocatori che oggi si ritroveranno a Trigoria per sottoporsi ai tamponi almeno 16 non sono considerati da Fonseca elementi utili per la prossima stagione. Utilissimo sarà invece Edin Dzeko, sempre però che resti. Alla Roma sono tutti d’accordo riguardo al fatto che tecnicamente ancora oggi sia il giocatore più forte della squadra giallorossa, ma a bilancio, con le necessità di cui anche Friedkin è stato reso edotto, i 15 milioni lordi del suo ingaggio pesano parecchio, anche in rapporto alla questione anagrafica.
Logico dunque pensare che qualcuno a viale Tolstoj stia valutando anche una possibile successione. In questo senso l’opzione Milik è degna di considerazione. Ma i tempi sono ristretti e De Laurentiis un interlocutore mai comodo. Così al momento le trattative sono ferme e ognuno si tiene i suoi giocatori. Alla Roma, e a Fonseca, non dispiace affatto.
Che farà Fonseca? L’ultimo nodo da sciogliere riguarda la strategia tecnico-tattica dell’allenatore, al di là delle incertezze sul sistema di gioco, pur considerando non banale la differenza di lavoro e di sviluppo tra la difesa a tre e la difesa a quattro, se c’è una cosa che la partita col Siviglia ha evidenziato è che i più ampi margini di miglioramento per rendere più forte la Roma siano da ricercare nell’intensità del gioco prima che nei movimenti di natura tattica.
Ecco dove dovrà lavorare Fonseca, ecco quello che, senza mai averlo messo in discussione, si chiede adesso all’allenatore portoghese. Il primo anno è stato di studio, nel secondo bisognerà raggiungere risultati adeguati altrimenti anche lui sarà giustamente messo in discussione. (…)
FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco