Si è chiuso con la vittoria di misura con il Sassuolo il primo ciclo di partite di Daniele De Rossi da allenatore della Roma. L’esito è trionfale, non poteva esserci approccio migliore nemmeno per il più ottimista tra i tifosi della Roma. In due mesi di allenamenti intensivi e partite giocate con la bava alla bocca la Roma ha ottenuto sette vittorie in campionato più un pareggio a Firenze all’ultimo minuto e una sconfitta in casa con l’Inter schiacciasassi, mentre in Europa ha conquistato due qualificazioni su due, pareggiando due volte con il Feyenoord e mostrando serenità e forza d’animo passando il turno ai calci di rigore, per poi annichilire il Brighton in casa e contenere la sconfitta in trasferta, giocando peraltro senza i giocatori più forti, per preservarne l’utilizzo proprio per il Sassuolo.
Eppure si tratta di un progetto nato in emergenza e in poche ore e ogni meccanismo ha funzionato alla grande: la squadra gioca bene, i giocatori sembrano rinati, i risultati sono arrivati. C’è un concetto su cui vale la pena soffermarsi: le statistiche ci ricordano che la Roma è in overperformance, significa cioè che rispetto a quanto ha recentemente prodotto (e anche a quanto hanno prodotto gli avversari) sta ottenendo risultati “migliori”. Ricordiamo in assoluto che ogni statistica ci può dare un’indicazione di un trend, ma non va mai decontestualizzata rispetto a ciò che hanno raccontato le partite.
Bisogna riandare dunque indietro nel tempo e rendersi conto che nessuna delle partite giocate dalla Roma ha visto le avversarie dominare la scena, con eccezione forse di un quarto d’ora ad inizio del secondo tempo con l’Inter e di qualche occasione concessa qua e là agli avversari su cui sono stati decisivi gli interventi di Svilar (altro merito dell’allenatore della Roma quello di aver puntato molto presto sul giovane portiere serbo) o gli errori di mira degli avversari. Abbiamo sentito spesso gli allenatori nei post spartita dire che la loro squadra meritava di più eppure hanno tutti riconosciuto il valore della Roma, la fluidità del suo gioco, la compattezza del gruppo, persino la signorilità sul campo.
Overperformance, dunque, certo ma questo è dovuto soprattutto alla grande qualità dei giocatori offensivi e alla bravura di difensori e portiere nelle conclusioni avversarie. Se Lukaku o Dybala fanno più gol rispetto a quello che il valore statistico riconosce a quelle conclusioni non è perché la Roma attacca poco ed è fortunata, ma perché la qualità delle loro conclusioni è superiore a quella della media.
Stessa cosa si può dire per Svilar: la Roma oggi ha un portiere forte e affidabile, fargli gol non è facile e De Rossi sfrutta il vantaggio che lui stesso ha apportato alla squadra con la sua scelta, allineandosi così a tutte quelle squadre di alto livello che hanno tra i pali un portiere di valore mondiale. Chiunque abbia visto però le partite della Roma sa che il risultato finale è stato quasi sempre congruo a quello che si è visto in campo. È vero, in alcuni primi tempi, soprattutto dopo le partite europee, la Roma è sembrata svagata, ma mai completamente in balia dell’avversario. Qualche volta De Rossi per inesperienza ci ha messo del suo, mischiando troppo le carte, ma avendo anche la prontezza di correggere presto gli errori commessi.
Insomma i punti conquistati dalla Roma sono in linea con le prestazioni, di conseguenza la volata per la Champions League è apertissima e De Rossi ha tutte le carte in regola per poter lasciare indietro le avversarie, cosa che due mesi fa sembrava difficilmente possibile. Certo, le insidie del calendario si faranno presto sentire e quella assurda matassa di impegni proibitivi concentrata tra aprile e maggio rischia di dover obbligare presto ad una scelta di campo quando forse la classifica del campionato italiano potrebbe non consentirlo. Ma lì si “parrà la vera nobilitate” di questa squadra. Il gioco si farà molto duro e i duri la spunteranno sugli altri. Certo, dovranno stare tutti al meglio, ma c’è tempo per pensarci.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco