Non avevo mai assistito a qualcosa di simile e altrettanto surreale. Fuori e dentro l’Olimpico c’era – e si è provato – di tutto, sentimenti ferocemente contrastanti, e insomma la prima di De Rossi e il rumoroso addio dei tifosi a Mourinho hanno generato straordinari turbamenti.
Confesso che ho provato a immaginare lo stato d’animo del romanista, le cui emozioni erano sospese tra l’amore antico, DDR, e l’amore nuovo e tradito, José, entrambi sinceri ai limiti dell’irrazionalità. Emozioni confuse tra perdita, rimpianto e speranza, cori e striscioni e applausi e fischi.
Tentativo inutile, il mio: talvolta risulta impossibile penetrare l’animo del tifoso. Roma-Verona è stata una gara la cui soluzione si è dimostrata solo apparentemente scontata. La partita più vera e intensa si è comunque giocata fuori dal campo. (…)
S’è vista la solita Roma votata alla sofferenza, concentratasi in particolare nella ripresa, nella quale il Verona ha segnato un gol, sbagliato un rigore con Djuric in versione 6 Nazioni e s’è visto annullare una rete di Folorunsho per una spinta a Llorente. La Roma l’ha risolta in qualche modo con un surplus di impegno, ma le difficoltà hanno rispettato la più recente “tradizione”.
Perché la Roma è questa, visibilmente imperfetta (avrebbe tanto bisogno di innesti di qualità): quando le mancano Cristante e Mancini, e quando Dybala esce dal campo per eccesso di cautela (la sostituzione era programmata), Spinazzola lo precede per infortunio, Smalling e Renato Sanches restano dei desaparecidos praticanti su instagram e N’Dicka si batte in coppa d’Africa; (…)
PS. ieri Dan Friedkin ha fatto finalmente qualcosa da presidente: in un momento di particolare difficoltà dei ragazzi, ha viaggiato sul pullman della squadra fino allo stadio. Per un attimo ho avuto il sospetto (e temuto) che fino alla scorsa settimana Mourinho e il suo staff fossero portatori sani di terribili malattie infettive.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I. Zazzaroni