Proprio come cantavano Lauzi e Paolo Conte, da Genova si è usciti con l’espressione un po’ così. Non una partita qualsiasi, un disastro, per certi aspetti un’umiliazione. Ci aspettavano al varco quelli che hanno sulla punta della lingua da molto tempo un processo a Mourinho, li conosciamo e capiamo che hanno dovuto ricacciare indietro per mesi il fiele egli insulti che hanno ritirato fuori adesso. Ma noi che abbiamo vissuto con passione questi anni, la riscossa dal più profondo anonimato in cui eravamo affondati, sappiamo che non è il momento di fare processi, a meno di non volerci fare davvero del male.
Al contrario, è il momento di fare quadrato, di resistere, di sostenere una squadra che ha problemi in ogni settore. Dobbiamo uscire tutti assieme da questa orribile situazione, perché a Genova non è stato travolto Josè, è stata travolta la Roma. C’è chi dice che Mourinho si intesta i successi e non le sconfitte, nulla di più falso: quello che è piaciuto soprattutto a noi è stata la totale identificazione dell’uomo con i nostri colori. Potrebbe pure andare via e sarebbe sempre uno di noi, come è stato Totti.
Oggi ci aspetta il Frosinone, guidato da un allenatore amico, che sta facendo bene, ma dobbiamo fermarlo. Qualcuno sostiene che bisogna parlare di gioco, non di giocatori, ma è illusorio. Una partita di calcio e giocata da 11 uomini (oggi 16) in buone condizioni e la Roma oggi non li ha in forma e bene assortiti. Quindi tutti assieme: noi, loro e José.
FONTE: Il Messaggero – P. Liguori
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