Da Mourinho a (si spera) Mourinho. A 12 anni di distanza dall’ultima Coppa europea conquistata da un’italiana — l’Inter del triplete — ora è la Roma a confidare nello Special One. I giallorossi giocheranno la finale di Conference, il 25 maggio a Tirana, contro il Feyenoord che ha eliminato il Marsiglia.
Stiamo parlando della terza competizione Uefa e non della Champions, ma sottovalutare l’impresa sarebbe sbagliato per tre motivi: 1) non si può rinfacciare a chi corre il mondiale di Moto 3 di non andare più forte di Bagnaia o Quartararo, semmai potrà e dovrà provarci in futuro; 2) il Leicester era avversario di qualità, che in questa stagione aveva messo in bacheca la Charity Shield, sconfiggendo il Manchester City; 3) la vittoria è arrivata dentro uno stadio traboccante di entusiasmo (63.940 paganti) e sempre più innamorato del suo condottiero.
Il problema è che manca ancora un passo. L’ultimo. Il più difficile. Chi non è scaramantico, però, può scorrere il palmares dello Special One: quattro volte è andato in finale in un torneo vero e proprio — la Supercoppa europea è una gara secca — e quattro volte ha portato a casa il trofeo con il Porto (Uefa e Champions), l’Inter (Champions) e il Manchester United (Europa League). Lapalissiano che, essendo la prima edizione della Conference League, Mourinho diventerebbe il primo allenatore della storia a vincere tutte e tre le Coppe organizzate dall’Uefa.
La partita non poteva essere facile e non lo è stata, anche se la Roma è stata brava a portarla presto dalla sua parte. Come contro il Bodo Glimt è stato Tammy Abraham — 9 gol in 12 partite di Conference — a sbloccare il risultato: contro i norvegesi dopo 5 minuti, contro il Leicester dopo 10. Imperioso il colpo di testa su corner battuto alla perfezione da Pellegrini, quanto meno curiosa la marcatura di Pereira, più basso di almeno 10 centimetri.
Sbloccato il risultato, la Roma ha lasciato al Leicester un possesso palla tutto sommato sterile e ha legittimato il vantaggio impegnando Schmeichel in un paio di parate non semplici. Nella ripresa i giallorossi non sono riusciti a ripartire negli spazi con continuità, ma Rui Patricio ha corso ben pochi pericoli. Sapersi difendere non è certo una vergogna e la Roma lo ha fatto con dedizione totale dal primo all’ultimo giocatore.
Negli ultimi anni la Roma era stata messa k.o. in semifinale dal Liverpool (Champions League) e del Manchester United (Europa League). Ci voleva lo Special One per interrompere la maledizione e far sognare una tifoseria che si butterebbe nel fuoco per lui. Così come i suoi giocatori.
FONTE: Il Corriere della Sera – L. Valdiserri