Spesso si parla di atteggiamento. Nel calcio e non solo a Trigoria. Lo stesso Di Francesco, nel bene o nel male, ne discute in pubblico (davanti alle telecamere) e ovviamente in privato (con i giocatori). Sottolinea quando è quello giusto e quando no. E ne ricorda il peso pure prima di scendere in campo e comunque alla vigilia di un match, a prescindere dal valore dell’avversario di giornata. Il dibattito è appena tornato d’attualità. Perché, a sentire l’umore della piazza, non è piaciuto quello della Roma contro il Napoli. Timido, rinunciatario e, perché no?, operaio. Comportamento da piccola e non da big: la squadra è sembrata impaurita. Eppure è il 4° campionato di fila che i giallorossi non cadono al San Paolo. Ma la gente ha buona memoria e si ricorda le ultime 2 visite, tra l’altro finite con 2 successi larghi e convincenti. Con spirito ben diverso da quello di domenica sera: fu sfacciato e al tempo stesso autoritario, con Spalletti in panchina e anche con l’attuale tecnico, per giocare (e vincere meritatamente) alla pari contro il 4-3-3 organizzato, efficace e spettacolare di Sarri. Sembra passato un secolo, non un torneo o due. Tant’è vero che ci si chiede che cosa sia successo nelle ultime settimane.
SCELTA OBBLIGATA – La risposta è semplice e probabilmente scontata. Questione di consapevolezza. Oggi la Roma sa di essere più debole del Napoli e si comporta di conseguenza. Di Francesco, come fece in passato pure Garcia, ha capito (e fiutato) il momento. E ha deciso di prenderne atto. Quindi umiltà e prudenza. Non è tempo di fare gli spacconi o gli spavaldi. L’allenatore avrebbe voluto giocare con il doppio terzino a destra, come fece un mese fa nel derby. Per l’equilibrio e la solidità di squadra. Il piano gli è saltato alla vigilia, con la ricaduta muscolare di Florenzi che è andato in panchina, entrando (e non al meglio, come si è visto) solo nella ripresa. Il 4-2-3-1 ha tenuto fino a quando è rimasto in campo De Rossi. In fase di non possesso palla, con la disponibilità di Under, Pellegrini, El Shaarawy e anche di Dzeko, i giallorossi si sono difesi con il 4-5-1. Gara di sacrificio e di carattere. Perché altro, con l’emergenza in ogni reparto (poi anche in partita), attualmente non è possibile fare. Ancelotti, non si sa se affettuoso incrociando i suoi vecchi colori o semplicemente soddisfatto valutando la prestazione dei suoi giocatori, è intervenuto sul comportamento in campo dei rivali: «Li abbiamo costretti a fare quello che non volevano». Cioè a difendersi. Non è stato il gioco dei partenopei, però, a condizionare la Roma, quanto la strategia iniziale, preparata in settimana, per evitare la figuraccia, contro una formazione attualmente più forte sia tecnicamente che tatticamente.
PROSSIMO STEP – Di Francesco ha definito giusto il pari. Non avrebbe potuto dire il contrario. E lo ha pure celebrato, considerandolo risultato prezioso in un periodo delicato, con la rosa dimezzata dagli infortuni in serie e con la classifica inguardabile per i risultati scadenti. Adesso la realtà è questa e va accettata. Non c’è niente di male a riconoscere i propri limiti. La Roma, almeno contro le migliori, può anche giocare come fosse una provinciale. Così, del resto, ha strappato un punto al San Paolo e ha addirittura avuto la possibilità di prenderne tre. E’ il bicchiere mezzo pieno, al ritorno dalla trasferta di Napoli. Ma poi ci sarà da riempire l’altra metà. Perché, una volta recuperati i giocatori che oggi sono indisponibili, bisogna ricominciare a pensare da big. Comandando in campo e facendo la partita. Spaventando e non impaurendosi. Per essere competitivi e non accontentarsi solo della zona Champions. Che deve essere il minimo e non il top delle ambizioni di questo gruppo che è almeno da rivalutare.