Alla faccia del tecnico spento e in rotta con il mondo Roma, José Mourinho negli ultimi giorni ha dato un segnale forte a chi lo ha criticato aspramente sull’avvio negativo in questa sua terza stagione in giallorosso, una risposta prima a parole e poi sul campo. Non con una partita perfetta dei suoi contro il Frosinone, ma con la reazione della squadra al periodo no e una dimostrazione di coesione con il gruppo e l’ambiente.
“Io non sono il problema”, aveva dichiarato lo Special One alla vigilia della sfida, ed è vero, lui è la soluzione. Una medicina per sfiammare immediatamente quel principio di malumore percepito in città (ma soprattutto fuori) e per guarire la squadra dal mal di gol. Non quelli segnati, come una stagione fa, ma quelli subiti. Un “mister Wolf” che risolve i problemi e che con calma e sangue freddo sta lavorando con lucidità per trovare soluzioni alle difficoltà tecniche, tattiche e fisiche di questo avvio di stagione. Quella multifattorialità di problemi, come ha spiegato José, che devono essere sbrogliati il prima possibile per prendere la giusta direzione nel prosieguo della stagione.
“Io continuo a essere il porto sicuro per i miei ragazzi e per l’ambiente”. E ha ragione Mourinho, che domenica sera è sempre stato vicino ai suoi giocatori, dal riscaldamento pre partita fino al triplice fischio del match. Salvo poi andarsene negli spogliatoi per lasciare gli applausi dell’Olimpico esclusivamente ai giocatori.
Insomma, negli ultimi due giorni tutto si è visto fuorché una squadra e un ambiente distanti dal tecnico, risentito per qualche accusa di troppo nei suoi confronti come sottolineato nelle interviste: “Tre mesi fa i tifosi stavano vivendo il dramma della mia possibile partenza, ora invece sembra che sia io il problema e non lo accetto”. E l’Olimpico ha confermato tutto il sostegno al tecnico considerato, e ci mancherebbe visto il curriculum, la soluzione alle difficoltà, non certo la grande causa.
Domenica Mou ha raggiunto i trecento punti conquistati in Serie A, da oggi invece sarà impegnato a preparare la sfida contro il Servette che lui sarà costretto a vedere dalla tribuna per la squalifica. Partita certo da non sottovalutare sia visto il momento, sia per la voglia del tecnico e della squadra di portare a casa un altro trofeo. Dopo la delusione e la rabbia di Budapest, ancora impresse nella testa dei giocatori, Mou non ha certo perso l’interesse per l’Europa League, anzi: “Sono sempre accusato di essere poco umile, devo dare ragione a chi lo dice – ha dichiarato a Federico Buffa Talks in onda su Sky –. Ho fatto tante imprese, ma vincere la Champions con il Porto è stata una super impresa. Ma ce ne sono delle altre nelle quali ho avuto la difficoltà di lavorare in squadre dove vincere è miracolo. L’ho fatto con quel Manchester United, poi ho vinto una coppa e mezza con la Roma. Non sono stato capace di vincere due coppe a Roma ma ho altri sei mesi qui…”.
Brucia ancora tanto, e brucerà sempre quella finale di Budapest. E probabilmente adesso quella direzione di Taylor servirà a lui e alla squadra come stimolo per chiudere in fretta il discorso girone e proiettarsi sulle fasi finali. José vuole vincere un altro trofeo, vuole chiudere in bellezza questo triennio giallorosso superando gli ostacoli e facendo rivivere ai tifosi un dramma estivo ancora più intenso per il suo addio. Per andare via (se così sarà) senza rimpianti e lasciando all’ambiente Roma i miglior ricordo del suo triennio vincente e spettacolare nella città Eterna. E a proposito, Mou ha raccontato che “a Setúbal non abbiamo la Fontana di Trevi ma ne abbiamo una che, se bevi la sua acqua, sarai fortunato per tutta la vita. E io l’ho bevuta”. Ma la fortuna, si sa, aiuta gli audaci.
FONTE: Il Corriere dello Sport – J. Aliprandi
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