“Compassata“. Il termine gli è piaciuto e lo ha fatto suo. “Sì, siamo compassati”, ha ammesso Mourinho nell’immediato post-gara contro il Ludogorets. Per poi, in uno slancio di sincerità, spiegarne i motivi: 1) “Abbiamo due calciatori come Matic e Cristante che sono simili, non ad alta intensità” 2) “Ci manca Zaniolo, l’uomo che rompe gli equilibri e se non c’è lui, non posso abbassare Pellegrini”. Bastano queste due istantanee per spiegare, in parte, la 4 giorni di sconfitte della Roma.
Prima Udine poi il ko di Razgard, uniti dal sottile fil rouge di prevedibilità, poco dinamismo e concretezza sotto porta che ha riportato alcune riflessioni ai discorsi che si facevano più o meno un anno fa, prima della batosta di Bodo. Anche all’epoca si discuteva dell’incapacità della Roma di produrre gioco, d’innescare al meglio Abraham, della mancanza di un regista, dell’atteggiamento sempre volto al contropiede e della difficoltà di scardinare difese quando l’avversario concedeva il possesso-palla ai giallorossi.
Temi che stanno lentamente tornando d’attualità con l’aggravante di una campagna acquisti estiva che ha completato la rosa, rendendola probabilmente monca soltanto di un quinto difensore (che da Trigoria, nonostante le voci su Maksimovic, continuano a smentire possa arrivare adesso). Mou per ora incassa. Sa che il vento prima o poi girerà.
Chissà se già a Empoli o in corso di stagione. Perché se Wijnaldum, sul quale era stato costruito il centrocampo, tornerà soltanto a gennaio, il rientro di Zaniolo (presumibilmente con l’Atalanta) gli permetterà di abbassare nuovamente Pellegrini al fianco di uno tra Matic e Cristante. Ma urge comunque prendere una decisione: continuare a difendere a tre oppure virare a quattro?
Quando la Roma ultimamente è tornata al vecchio modulo, ha sempre dato l’idea di coprire meglio il campo. Non si tratta soltanto di una questione di numeri. Le ultime due gare hanno dimostrato che si può difendere a tre, a quattro o a cinque ma se il centrocampo non funziona, i gol si prendono ugualmente.
Per motivi diversi sia Abraham che Belotti (in ritardo di condizione) regalano per ora poca profondità. Serve dunque qualcosa di diverso per invertire un trend che rischia di diventare pericoloso. Flaiano se la sarebbe cavata con l’aforisma della “situazione grave ma non seria”. Tocca a Mou trovare la soluzione.
FONTE: Il Messaggero – S. Carina