AAAbraham. Cercasi il centravanti smarrito dentro a un insolito senso di inadeguatezza. Doveva essere la stagione della sua consacrazione, con lo stimolo mondiale del mezzo, dopo un anno strepitoso da 27 gol. È stato invece un insieme di punti interrogativi con la domanda ricorrente: cosa gli è successo?
Roma-Napoli può essere la partita del rilancio, dopo i timidi segnali delle ultime settimane: tra Lecce e Sampdoria, Abraham si è procurato due rigori che si sono rivelati decisivi per la vittoria. A Genova, in realtà, avrebbe voluto tirare lui ma ha capito da Pellegrini che le gerarchie sul rigorista determinate da Mourinho non erano in discussione.
È questione di tempo, dicono. Quando i numeri 9 si sbloccano, stappano il famoso tubo di ketchup che esonda gol invece di pomodoro (copyright Van Nistelrooy). Del resto Tammy finora ne ha segnati 2, esattamente come lo scorso anno a questo punto del campionato.
Toccò quota 3 alla dodicesima giornata, a Venezia, aumentando poi il ritmo fino a chiudere a 17 la sua prima avventura in Serie A. Ma più che i numeri realizzativi, è stato il rendimento a convincere poco. Nulla da dire sull’applicazione a disposizione della squadra, che non è mai venuta meno. Ma l’incidenza negli ultimi metri è stata molto contenuta.
Abraham è fermo alla rete di Empoli, determinante come quella con la Juventus, che risale allo scorso 12 settembre. Trentotto giorni e sette partite, compresa l’Europa League, sono trascorsi da allora, nelle quali Mourinho ha provato a scuoterlo mandandolo anche in panchina.
Però la Roma adesso ha bisogno di rivederne l’importanza. C’è chi sostiene che Abraham avverta il peso della concorrenza di Belotti, con il quale peraltro ha stabilito da subito un ottimo rapporto. No, il problema è semplicemente di luna storta. Che passerà, deve passare, perché la Roma rabberciata di questo autunno può resistere in zona Champions fino alla pausa solo se ritrova i suoi calciatori più bravi.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida