È arrivato anche il gol di Dovbyk che in settimana aveva ricevuto qualche spintarella motivazionale da Dzeko: un bignamino telefonico. E con esso il dodicesimo punto su 15. Un anno fa, tra il disarmato De Rossi e il subentrato – e in seguito disarmante – Juric, erano esattamente la metà, i problemi più del triplo e in sconcertante evoluzione.
Non è arrivata, perché non se n’era mai andata, la sofferenza: anche stavolta ha prevalso la capacità della squadra di affrontarla e vincerla con quel filo di disperazione che di solito esalta la tifoseria. Dopo, non durante.
Di questa Roma tengo pertanto l’anima, oltre a un portiere che da due stagioni non sbaglia una partita e porta punti veri: tra l’1-0 e il 2-0 in campo s’è visto solo il Verona. Più deciso, fresco, rapido, ma imperfetto nel concludere: quando ha inquadrato la porta ha trovato immancabilmente le mani, i piedi, il corpo e anche il volto di Svilar.
Di buono, insieme ai punti e al portiere, segnalo l’operazione recupero dei valori dimenticati: Dovbyk, ancora parziale, dopo Hermoso e Pellegrini che anche contro il Verona ha creato momenti di superiore qualità, tant’è che è rimasto in campo fino alla fine. È una notizia.
È impressionante la fiducia che i giocatori nutrono nell’allenatore, nei suoi metodi, il carisma che esercita su di loro. Una fiducia che ha consentito alla Roma di sopperire alle evidenti carenze di natura tecnica.
Anche ieri Gasp ha lavorato di nuovo senza il mercato e quindi sulla traccia lasciata da Ranieri: Wesley l’unica novità presentata inizialmente rispetto al gruppo della stagione scorsa, a riprova del fatto che l’incidenza degli acquisti su gioco e risultati è ancora una pia illusione.
Dybala (necessario), Bailey, El Aynaoui, Rensch, Ferguson, Tsimikas, Ghilardi, Ziolkowski, Pisilli e Baldanzi sono temporaneamente delle ipotesi di soluzione.
Una parola la spendo volentieri per Celik: non credevo che potesse diventare un giocatore utile, oggi lo è.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I. Zazzaroni











