Forse con quella corsa sfrenata per la prima volta anche a Roma si è rivisto il Mourinho di sempre, quello estremo, persino pittoresco nel suo elegantissimo disordine. È inevitabile: nella Roma inaspettatamente capolista, ultima iscritta al trio di testa con Napoli e Milan, il più grande segno di discontinuità rispetto al passato è proprio lui. José vuole omogenizzarsi, dire a tutti: “sono uno di voi”. Lo fa ogni giorno o quasi, quando compare inaspettatamente nei corridoi degli uffici di Trigoria. Si ferma, chiacchiera, a qualcuno chiede consiglio per un ristorante, a un altro fa una battuta sulla pettinatura.
Fa “squadra” fondendo universi lontanissimi. Perché è lavoro anche sapere tutto di ciò che accade tutto intorno, conoscere tutti, sapere di qualsiasi problema, anche se distante dal gruppo squadra. Un lavoro che dura oltre gli allenamenti, con 6, anche 8 ore al giorno di video. Anche così è nato il gol del vantaggio: una punizione studiata a tavolino guardando il modo di difendere di Dionisi, provata in campo con il vice Sacramento e realizzata all’Olimpico. L’ha chiamata José dalla panchina, Pellegrini l’ha indicata ai compagni, Abraham ha finto di indicarsi la testa e Cristante è partito a raccogliere il passaggio rasoterra. Gol.
FONTE: La Repubblica – M. Pinci