Stasera (siamo) tutti con Mou. Quelli che tifano Roma sempre e comunque; quelli che hanno riempito l’Olimpico per trentatré volte di seguito; quelli rimasti senza biglietto che la seguiranno sui maxischermi o da casa; quelli semplicemente stregati dalla personalità del Fenomeno; quelli che capiscono il senso di un miracolo calcistico. Stasera tutti con (e per) Mou.
Quelli affascinati dall’affiatamento e dal senso di appartenenza mostrato da una squadra che con il lavoro esalta e perfeziona i sentimenti in gioco: Rui Patricio e Smalling, Mancini e Ibanez, Llorente e Celik, Zalewski e Cristante, Matic e Gini, Dybala e Pellegrini, Belotti e Tammy e ElSha e Bove e Camara e Spina e Solbakken e Missori e Volpato e Tahirovic e Karsdorp e Kumbulla e Svilar.
Stasera altri contro Mou. Quelli che vivono delle disgrazie altrui poiché la vita non ha fatto loro la grazia di dotarli un minimo di rispetto, buonsenso e successo. Successo vero. Se stasera Mou alzerà la coppa sarà impossibile non (ri)eleggerlo dio del calcio e re della Roma. E se non ci riuscirà resterà comunque dio delle città e dell’immensità. Perché non può essere una sconfitta in finale a ridurre il valore di un’impresa sportiva.
Stasera – se non v’interessa partecipare alla partita di Mou – giocate con la sua Roma che per trovarne una simile bisogna farsela raccontare dai vecchi tifosi che quarant’anni fa l’accompagnarono alla storica finale della Coppa dei Campioni contro il Liverpool, fallita perché tutto era troppo bello.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I. Zazzaroni