La piaga degli infortuni colpisce ancora la Roma: l’ultimo in ordine cronologico è Chris Smalling che giovedì ha dovuto fermarsi durante l’allenamento per via di un affaticamento muscolare all’adduttore. Uno stop che gli costerà la convocazione per il match di domani col Sassuolo.
Nelle prossime ore sono previsti ulteriori accertamenti per verificare la presenza o meno di una lesione. I fatti parlano chiaro perché da quando è cominciata la stagione (ritiro compreso) sono 6 i calciatori che hanno accusato problemi muscolari: Pastore, Spinazzola, Perotti, Zappacosta, Under e ultimo Smalling.
Nessuno nella dirigenza vuole rivivere l’inferno dello scorso anno in cui sono stati 52 gli infortuni di questo tipo ed è per questo che Petrachi sta indagando sulle motivazioni di ogni singolo caso per ricercare un eventuale dettaglio che li accomuni. Partiamo da campi: il direttore sportivo ha deciso di ristrutturare il manto erboso perché ritenuto troppo duro da alcuni calciatori.
I campi di Trigoria, va specificato, non sono lasciati allo sbando ma vengono controllati con una certa frequenza da giardinieri professionisti (addirittura è stata chiesta una consulenza del Real Madrid), inoltre sarebbe un’assurdità che il presidente desse mandato di investire su palestra, piscina e foresteria e non sul manto erboso che è l’elemento più importante all’interno di un centro tecnico.
Rifare il campo di allenamento era già nei programmi della società, il lavoro è stato anticipato di alcuni mesi per evitare che qualche giocatore usasse il terreno di gioco come alibi per i propri infortuni.
PREPARATORI PERSONALI Le reali motivazioni vanno ricercate nello stile di vita dei calciatori e nei metodi di allenamento. È moda comune che quasi ogni componente della rosa abbia un preparatore personale che, fuori dal centro sportivo e senza coordinarsi con lo staff atletico, dia delle indicazioni che a volte non coincidono con la tabella di marcia impartita del club. Questo comporta un sovraccarico dei muscoli che l’atleta sconta con l’infortunio.
Ed è qui che entrano in ballo anche i metodi di allenamento: dopo i 52 guai muscolari della scorsa stagione, il presidente Pallotta ha deciso di rivoluzionare il settore atletico assumendo nuovi medici e preparatori. Inoltre, c’è stato il cambio d’allenatore (il terzo in 12 mesi) che non giova all’equilibrio della squadra. Cambiare con troppa frequenza lo staff che quotidianamente si relaziona alla rosa, comporta un azzeramento dei rapporti professionali e a un potenziale aumento degli infortuni nei primi mesi (statistiche alla mano).
L’equilibrio potrebbe arrivare a stagione in corso quando la squadra avrà definitivamente assimilato i metodi che, se corretti, daranno i loro frutti. In ultima analisi va affrontato il fattore psicologico, impossibile, però, determinarne l’incidenza: la troppa pressione dovuta alla mancanza di risultati potrebbe causare al calciatore un forte stress che può tradursi in uno stop.
NESSUN CASO Per il momento a Trigoria la situazione non preoccupa eccessivamente perché per ogni giocatore infortunato è stata trovata una motivazione coerente: Pastore è recidivo così come Perotti; Under si è fatto male in Nazionale a causa di un’ingenuità (forte colpo di tacco); Zappacosta si è fermato dopo appena tre giorni dal suo arrivo a Roma e infine Smalling ancora da valutare.
Per ora l’unico che richiede un approfondimento è Spinazzola, fermato per 20 giorni da una distrazione al bicipite femorale sinistro. Il terzino ha recuperato e domani contro il Sassuolo sarà in panchina in attesa dell’esordio in giallorosso. Chi, invece, giocherà dal primo minuto è Pellegrini che probabilmente tornerà a fare il trequartista accanto a Zaniolo e Mkhitaryan: «È il ruolo che preferisco. Stiamo cercando di creare un gruppo unito fuori e dentro il campo. Vogliamo migliorare, ma è giusto dire che questa Roma debba giocare la Champions. Deve essere il nostro primo obiettivo tornarci», ha detto a Sky.
L’azzurro ha poi commentato il nuovo tecnico Fonseca: «Ci chiede di avere sempre il pallino del gioco, per non essere mai sottomessi all’avversario».
FONTE: Il Messaggero