Stavolta nel finale arriva l’amaro, stavolta non basta Dybala, stavolta si interrompe la corsa europea (erano venti le partite internazionali consecutive senza sconfitte all’Olimpico), stavolta il cammino per il primo posto nel girone C di Europa League è diventato proibitivo e se il Ludogorets che ieri ha pareggiato 1-1 ad Helsinki al ritorno tra sei giorni in Bulgaria vincerà con i finlandesi, un’eventuale nuova sconfitta della Roma al Benito Villamarin renderà assai complicato anche il secondo posto che varrebbe lo spareggio con una delusa della Champions. E quasi quasi tornerebbe a quel punto buono il terzo posto che ci porterebbe a marzo agli ottavi di Conference League.
Ma insomma sono magre consolazioni oggi che invece abbiamo l’animo amareggiato per una sconfitta che ha premiato la squadra migliore proprio quando sembrava ormai addomesticata e i 62.924 dell’Olimpico, compresi i 4000 indiavolati spagnoli, avevano la sensazione che la Roma potesse mettere di nuovo e definitivamente la testa avanti. Invece dopo il rigore di Dybala pareggiato da Rodriguez nel primo tempo, a due minuti dal 90’ è arrivato a sorpresa il gol di Luiz Henrique, uno che con quel nome era quasi inevitabile che ci segnasse (non doveva giocare, ma è entrato al posto dell’infortunato Fekir).
Peccato, anzi peccati perché la Roma non ha giocato benissimo, ma un pareggio sembrava ormai a portata, perché la iella si sta accanendo di nuovo su Trigoria (Celik, chiamato al superimpegno in seguito all’infortunio di Karsdorp, si è fatto male sbattendo su Mancini dopo tre minuti: resterà fuori a lungo) e perché poi le cose ce le complichiamo da soli visto che Spinazzola, sostituto del turco, all’appuntamento decisivo ha deciso di non saltare, a differenza dell’avversario, e perché poco prima del fischio finale Zaniolo si è chiamato fuori dalla gara di ritorno non resistendo a una provocazione di Moreno e colpendolo a palla lontana.
Che fosse una partita durissima non ci voleva tanto per capirlo. Con questi spagnoli era finita in rissa pure nell’amichevole estiva nel primo anno di Mourinho, sono fisici e pure scorretti, ma corrono tanto e sono bravi tecnicamente. Logico che contro di loro non possa venir fuori una gara in punta di fioretto perché la Roma se ha una caratteristica spiccata da quando c’è il portoghese in panchina è quella di non abbassare mai lo sguardo di fronte a nessuno.
E non l’ha fatto contro la ciurma di Manuel Pellegrini, un elegante signore dall’aspetto britannico, che non tradisce emozioni in panchina, ma che costruisce sempre squadre che sanno cosa fare in campo con la giusta dose di esperienza (il portiere Bravo e l’incursorse Joaquin, una quindicina d’anni fa inseguito dalla Roma, hanno ottant’anni in due), classe (Fekir, uscito presto, Canales, Willian José) e dinamismo (i due mediani). Il 4231 disegnato sul campo ha una concezione aggressiva nelle due fasi, con i trequartisti che si scambiano ruolo in continuazione, i terzini alti a spingere, i mediani a cambiare gioco sempre nella zona più scoperta degli avversari.
Mourinho aveva scelto inizialmente di tenere in panchina Belotti, rinnovando la fiducia a Abraham, confermando ovviamente Dybala e Zaniolo alle sue spalle, promuovendo Zalewski per spostarlo dopo cinque minuti a destra, quando l’infortunio al ginocchio a Celik ha costretto Spinazzola a rinunciare al giorno di ferie e a entrare in campo a freddo. In mezzo la coppia di fatto Matic-Cristante, dietro il trio polipo più che medusa, Mancini, Smalling e Ibañez. Il primo tempo è finito in parita in tutto: negli infortunati, come già detto, nel risultato (1-0 di Dybala su rigore perfetto, 1-1 di Rodriguez con un bellissimo tiro da fuori) e persino nei pali (il primo di Fekir al 13’, con l’unghia di Rui Patricio a spostare la traiettoria forse in maniera decisiva, il secondo di Zaniolo al 45’ con rotante assist di Dybala da destra e tocco davanti alla porta a stampare il pallone sulla parte bassa della traversa).
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco