Insieme hanno fatto urlare milioni di italiani. Una, due, tre, quattro volte. Hanno rappresentato due metà del calcio italiano: il potere del nord, il cuore di Roma. Quasi due partiti, perché se si tifava per uno l’altro era quasi un rivale. Di certo, sono stati gli ultimi due, grandissimi, numeri dieci che il calcio italiano abbia prodotto. Oggi Alessandro Del Piero compie 50 anni, Francesco Totti ci arriverà tra due anni, anche meno. Due giganti del calcio italiano che l’Italia ha percepito a lungo come rivali, che antagonisti lo sono stati davvero sul campo, scoprendosi poi amici quando li ha uniti la maglia azzurra.
Una storia iniziata da una sostituzione con Dino Zoff e finita a Berlino con la coppa del mondo di Marcello Lippi. Tra loro non sono nemmeno Del Piero e Totti, ma Alessandro e Francesco. Compagni anche di giochi, come nel video delle barzellette in cui non riuscivano a smettere di ridere. O come nella difficoltà di ritrovare posto dopo l’addio al calcio nelle squadre a cui hanno dato tutto quello che avevano in campo.
Totti, le fa effetto pensare che Alessandro Del Piero, il suo amico, stia festeggiando adesso i suoi cinquant’anni? “Sembra difficile da credere. Cinquanta anni. Mi pare ieri che eravamo due ragazzi di diciotto, vent’anni. Distanti eh: lui vinceva gli scudetti, giocava la Coppa Campioni. Io… be’, io ci ho messo un po’ di più. Però ci guardavamo, ci studiavamo, forse ci cercavamo anche, già da ragazzini”.
Dica la verità. Ma lei e Del Piero, cosi simili, cosi talentuosi, spesso in ballo per lo stesso posto in Nazionale, non siete mai stati rivali? “Rivalità? Forse, all’inizio. Lui lo ha detto bene una volta: eravamo più complici, che rivali. Poi c’era a chi avrebbe fatto comodo che fossimo rivali: lui rappresentava la Juventus, io quasi il suo opposto, la Roma e Roma a qualcuno non piace e non è mai piaciuta. Ma noi in questo gioco non siamo mai caduti, anzi. Ci rispettavamo proprio perché capivamo l’uno il ruolo dell’altro. Le responsabilità di rappresentare qualcosa che andava oltre la singola squadra”.
Lei debuttò in Nazionale proprio subentrando ad Alex, Italia-Svizzera 2-0 del 1998… “Sì, all’esordio sono entrato al posto suo e al momento del cambio mi ha strizzato l’occhio: credo da quel gesto sia iniziata a nascere la nostra sintonia”.
Da li alla finale di Berlino con la coppa… “Sì, il Mondiale è stato la chiusura del cerchio. Perché se agli Europei del Duemila eravamo quasi alternativi, in Germania eravamo complementari. E forse lo siamo anche caratterialmente: lui più riservato, io più espansivo. Ma siamo sempre andati d’accordo, anche per questo forse”.
Lo ha un ricordo particolare, un aneddoto, su quella finale? “Prima della finale eravamo tutti svegli, non riuscivamo a dormire. Lui a un certo punto, saranno state le due, ci fa: “Vabbè, io sono abituato alle finali, vado a dormire…”. Gli abbiamo detto di tutto, ma qui c’è tutto Alessandro. Un grandissimo cinquantenne”.
FONTE: La Repubblica – M. Pinci