Le chiavi della sua Roma gliele ha consegnate il giorno che ha varcato i cancelli di Trigoria. Perché nella sua idea di calcio non poteva esistere regista migliore per Daniele De Rossi: tecnico, di grande carisma e intelligenza tattica. Ma il suo ex compagno di squadra e attuale allenatore ora vuole di più da Leandro Paredes, l’ultimo step di crescita in grado di trasformare il play argentino in un regista senza debolezze o lacune.
Non solo con il pallone, nel cercare di più la profondità, ma soprattutto nel posizionamento e nel lavoro, spesso oscuro, che si fa senza palla. Su questo si basa l’impegno quotidiano a Trigoria per rendere l’ex Boca l’uomo in grado di dare equilibrio e qualità alla manovra giallorossa.
Dopo le esperienze non pienamente convincenti con PSG e Juventus, Paredes era tornato a Roma per ritrovare quella continuità perduta, con la voglia e l’intenzione di guidare, nel cuore del campo, i giallorossi verso gli obiettivi stagionali. Missione compiuta. Sia con Mourinho che con De Rossi, la maglia da titolare gli è stata praticamente cucita addosso. (…)
Una centralità mai in discussione: 1838 minuti totalizzati in Serie A, 611 in Europa League, con oltre 1700 passaggi finalizzati. Adesso Leandro è chiamato all’ultimo sforzo, cedere meno all’istinto e affinare la tecnica che porta a temporeggiare, come sottolineato da De Rossi in conferenza stampa: «Leo è un calciatore intelligentissimo, anche senza palla, solo che a volte era un po’ istintivo, il centrocampista forte deve essere un po’ riflessivo tanto, recuperare magari qualche palla in meno ma permettere ai suoi compagni di recuperarle. Il centrocampista come il difensore deve fare molte cose visibili ma anche molte invisibili, è bello il centrocampista grintoso che ruba palla, come a volte ero anche io, ma il centrocampista che entra sempre è pericoloso. Lui lo sta capendo, poi ha il calcio in testa, sa sempre dove va la palla, è furbo come un vero argentino». (…)
FONTE: Il Romanista – A. Di Carlo