Le buone notizie. Raggiunta la Lazio. Vinto alla ripresa del campionato nella prima giornata dell’anno solare. Cosa non da poco se consideriamo i trascorsi e se col pensiero torniamo al 6 gennaio del 2004, quando una Roma prima in classifica con sei punti di vantaggio su Milan e Juventus, complice una terribile gestione emotiva e tattica del momentaneo 1-1 con i rossoneri all’Olimpico, si lasciò infilare da Shevchenko per la seconda volta e lì disse addio a uno scudetto che alla fine di dicembre pareva già assegnato.
Insomma: vincere col Bologna è stato utilissimo. Decisivo l’unico spunto di Dybala. O meglio la punta del suo piede sinistro. Con quella parte del corpo l’argentino ha ottenuto infatti dopo pochi minuti il rigore trasformato da Pellegrini. Poi la solita ordinaria e grigia amministrazione, fra lanci nel vuoto e paure assortite. Mentre sugli spalti, come al solito ricolmi, andava in scena lo spettacolo vero.
La Roma non risponde in frequenza. Tetragona, mantiene fede al proprio statuto. Non si adegua. Da offrire, purtroppo, non ha che se stessa. Ossia ciò che vediamo. Frenata dai suoi congeniti limiti (la non visione della porta, la non qualità dei passaggi, l’assenza di possesso palla), si scompone e si ricompone cercando dignità. La sosta non poteva portare a grandi mutazioni.
È arrivato Solbakken. Forse un giorno apparirà Wijnaldum. Ma il gioco? La musica? Chimere? Con Dybala in perenne ricondizionamento, la Roma sporca basta per superare il Bologna (e deve dire grazie ad Abraham che salva sulla linea a cinque palmi dal traguardo).
FONTE: La Repubblica – E. Sisti
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