Persa non la partita, ma direttamente la faccia. Peggio di così non si può, perché il pari alla Sardegna Arena (2-2), ha il significato e anche il peso della sconfitta. E della resa. Tecnica, morale, agonistica, tattica e comportamentale. Scontato che Pallotta abbia messo nel mirino, al 20° match stagionale, Di Francesco, principale responsabile del finale da incubo, con il Cagliari che, all’ultimo respiro, realizza il gol decisivo in contropiede pur avendo 2 giocatori in meno e l’allenatore già negli spogliatoi. Il presidente giallorosso ce l’ha con il suo tecnico almeno quanto il suo collega Giulini con l’arbitro Mazzoleni. E gli dà i 7 giorni: ultima chiamata domenica sera contro il Genoa, dopo la gita di mercoledì a Plzen, nel turno conclusivo della fase a gironi di Champions.
NESSUNA GIUSTIFICAZIONE – Da raccontare solo quanto è successo dal minuto 40 della ripresa fino all’ultimo secondo del 5° minuto di recupero. Lì il suicidio della Roma, uscita definitivamente di scena. E, comunque, già ingiustificabile nell’atteggiamento con cui si è ripresentata in campo dopo l’intervallo. Appagata e presuntuosa ha buttato al vento il raccolto del 1° tempo, chiuso avanti con le reti di Cristante e Kolarov. Così ha permesso al Cagliari di restare in partita e di tenersi stretta l’imbattibilità casalinga. Con il gol di Ionita, su torre di Joao Pedro, e soprattutto con quello di Sau, a digiuno dal 4 febbraio, preso nonostante i 6 difensori schierati contemporaneamente da Di Francesco. Mazzoleni, dopo aver cacciato Maran, ha fischiato la punizione a favore dei giallorossi per il fallo di Faragò su Olsen e a seguire espulso sia Srna che Ceppitelli. La rete del pari, insomma, in 9 contro 11, umiliazione di fine giornata. Niente alibi, dunque. Non c’è da prendersela con l’arbitro di giornata né da imprecare per l’emergenza di questo periodo. Se Di Francesco, pur recuperando Manolas in extremis, non ha potuto schierare i titolari De Rossi, Lorenzo Pellegrini, El Shaarawy e Dzeko, Maran ha perso nel riscaldamento pure Pavoletti che si è aggiunto a Castro e Barella.
PANCHINA BOCCIATA – La Roma del 1° tempo, ordinata e compatta, non basta. Bene Cristante, a prescindere dal gol: regia e interdizione. Giusta l’interpretazione dei terzini, Florenzi e Kolarov, ad accompagnare ogni azione. A destra nasce il vantaggio, il mancino, con deviazione di Cerri, firma il raddoppio. Manca l’efficacia degli Under 21 del rombo offensivo: Schick, al 5° match di fila da titolare, spara ancora a salve; Under e Kluivert duranno fino all’intervallo o poco più e Zaniolo, sempre intraprendente, pensa più a se stesso che agli altri. L’attacco non ha efficacia e ormai si sa. Ma Di Francesco, intervenendo in corsa, fa addirittura precipitare la situazione: Luca Pellegrini per Kluivert da esterno alto a sinistra e a seguire Pastore per Schick da falso nove. E, prima del recupero Jesus per Zaniolo e il 5-4-1. E per prendere, con 2 uomini in più, il pari di Sau. I giallorossi riscoprono, dopo 31 anni, quanto sia doloroso farsi raggiungere nonostante la doppia superiorità numerica: ultima volta, il 25 ottobre del 1987, all’Olimpico contro il Napoli di Maradona (rosso a Careca e Renica, pari di Francini dopo il vantaggio di Pruzzo). Adesso, però, più che i 21 punti in 15 partite (14 in meno dell’anno scorso), sono i 7 nelle ultime 7 a preoccupare. Ritmo da zona retrocessione e non da zona Champions.