Dal Real Madrid al Vitesse. Potrebbe sembrare un passo indietro, è l’esatto contrario. In mezzo ci sono cento partite in giallorosso che festeggerà stasera in Olanda, un cin cin alla tripla cifra che soltanto due maledetti crociati saltati con conseguenti interventi chirurgici e riabilitazioni, non è arrivata prima a sottolineare un talento che voi umani. Stiamo parlando, of course, di Nicolò Zaniolo che contro il Vitesse soffierà sulle cento candeline della sua storia romanista.
Potevano essere il doppio, gli auguriamo di arrivare al triplo, al quadruplo e via moltiplicando, sempre con la maglia con cui ha scoperto l’effetto che fa giocare nel calcio dei grandi. Lo ha fatto da campione predestinato. Sin dalla sua prima candelina. 19 settembre del 2018, con Di Francesco in panchina. Non ebbe nessun tipo di timore a mandare in campo, nel tempio madridista, quel ragazzino che era arrivato, senza che nessuno lo conoscesse (compreso Monchi), in una trattativa di mercato che aveva fatto sanguinare i cuori romanisti, Nainggolan all’Inter, Santon e il ragazzino alla Roma, più un bel gruzzolo di milioni.
Poco più di una cinquantina di minuiti in campo (al nono della ripresa fu sostituito da Lorenzo Pellegrini), sufficienti però perché i riflettori si accendessero sul ragazzino sbarcato da Milano. Niente di speciale, ma la sensazione di aver visto il primo passo di un talento, in parecchi la ebbero. Soprattutto perché il ragazzino aveva dato l’impressione di non aver nessun tipo di timore a confrontarsi con il calcio dei galacticos, eccomi, sono Nicolò Zaniolo, sentirete ancora parlare di me. E’ stato così. A conferma di un talento che gli ha consentito di regalare effetti speciali, prima che la dea si sbendasse e lo prendesse di mira, un crociato saltato in giallorosso contro la Juventus, il ritorno, gli effetti speciali ribaditi, il secondo crociato in azzurro contro l’Olanda a frenarne nuovamente un’ascesa che sembrava senza freni.
Due stop che avrebbero steso un toro, non Zaniolo. E’ tornato una prima volta, è tornato la seconda e il talento è sempre lo stesso, quello del campione predestinato. Così come la maglia, quella della nostra Roma, con cui ha messo insieme le novantanove presenze che stasera diventeranno cento: settantacinque in campionato (12 i gol), sette in Champions (2, l’indimenticabile doppietta al Porto), quattro in coppa Italia, sette in Europa League (2), sei in Conference comprendendo le due sfide di qualificazione (2). (…)
(…) Dicono: ha segnato solo due reti in campionato, non è uno che fa la differenza, di fronte a un’offerta da quaranta milioni la Roma farà bene a venderlo. Opinioni, rispettabili per carità, ma che non tengono conto di diversi fattori:
1) venderlo adesso vorrebbe dire rischiare fortemente di cederlo a una cifra inferiore rispetto a quella che vale;
2) ha ventidue anni, ce ne sono almeno altri cinque davanti in cui eventualmente si potrà pensare di salutarlo e il rischio di perdere cash ci sembra davvero minimo;
3) è nel cuore dei tifosi giallorossi;
4) è il talento che può rappresentare presente e futuro.
Si dirà: ma c’è un contratto da rinnovare. Vero, ma ricordando che ne ha uno in corso fino al trenta giugno del 2024, non manca il tempo per trovare un nuovo accordo. Pinto ha detto che la questione sarà affrontata verso la fine di questa stagione e, per quello che ci risulta, l’intenzione della famiglia Friedkin è quella di continuare a firmare le buste paga intestate a Nicolò. (…) Oggi c’è il Vitesse, ci sono da spengere cento candeline giallorosse, meglio ancora se con una vittoria e magari pure un gol. E noi in futuro ci auguriamo di ritrovarci qui a santificarne le duecento, le trecento e via moltiplicando.
FONTE: Il Romanista – P. Torri
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