Erano i quarti di finale anche quella volta, stagione 1990-1991. Allo Stadio OIimpico l’andata finì 1-1, autogol di Dario Bonetti, ex Roma. Quindici giorni dopo la formazione giallorossa andò al Delle Alpi e contro ogni pronostico portò a casa il bottino pieno. In gol prima Berthold e poi raddoppio di Rizzitelli. Sulla panchina c’era Ottavio Bianchi. L’allenatore fortemente voluto dal presidente Viola, che era mancato solo un mese prima, approdò quindi in semifinale.
Mister cosa ricorda di quella partita? «A dir la verità ricordo poco di quella partita. Ricordo di più l’anno, una stagione fantastica, malgrado il dolore per la perdita del presidente Viola, che per noi, per me, era il punto di riferimento. Io venni a Roma solo per lui. Dopo il presidente ho conosciuto anche sua moglie Donna Flora, una coppia fantastica. Quando è mancato siamo rimasti molto vulnerabili, ci mancava il nostro punto di riferimento. Ripensandoci dopo è stata una stagione straordinaria perché siamo riusciti a vincere la Coppa Italia ed arrivare in finale di Coppa Uefa. In una stagione così difficile e particolare, mancando il vero punto di riferimento fu un grande successo. La società in tutto e per tutto era l’ingegner Viola. Il lavoro che c’è stato dietro, i colloqui che ho avuto con la signora Flora e tutta la famiglia in quei mesi furono fantastici. Ero sempre informato su tutto quello che accadeva al di fuori dell’aspetto tecnico, era molto gratificante, ma anche molto pesante per un allenatore. Insomma, un anno molto particolare, ma sotto il profilo dei risultati sicuramente gratificante. Penso che l’ingegner Viola sarebbe stato soddisfatto dalla nostra stagione. È stata una delle stagioni più importanti della mia carriera».
Come la convinse Viola a venire a Roma? «Andai a casa sua, ad Aulla. Mi disse una frase che non ho mai dimenticato: “Deve venire con noi e dobbiamo fare una buona squadra per non retrocedere”. Io rimasi basito, ma poi mi raccontò in linea generale le difficoltà che stava trovando. Mi fece vedere il progetto del nuovo stadio che gli era costato parecchi soldi, ci teneva tanto. Ma lì sono cominciati i suoi guai nello scontrarsi con cose esterne al calcio. Abbiamo avuto subito un rapporto di grande collaborazione psicologica, oltre che professionale».
Quindi? «Io gli dissi che avevo studiato approfonditamente la situazione ambientale romana e non ero in grado di gestirla. Avevo tanti difetti ed in primis quello della comunicazione, figuriamoci con tante radio, televisioni, giornalisti… insomma uno come me non sarebbe potuto durare neppure una settimana. Mi rassicurò che se ne sarebbe occupato lui e io avrei dovuto pensare solo al campo. L’anno dopo la sua scomparsa ho continuato per la mia strada, ma gli ostacoli sono diventati insormontabili”»
Che Roma era? Chi erano i suoi giocatori? «Era forte, aveva solo necessità di essere amalgamata. Una delle preoccupazioni del presidente era di rivalutare Rizzitelli, un acquisto oneroso della sua gestione che non aveva reso quanto poteva. Poi mi mandò a vedere a Lisbona Aldair, che molti gli avevano riferito che non era ben visto in quel periodo. Lui si fidò di me che lo rassicurai e lo prendemmo. Aldair è stato sottovalutato a mio parere, un giocatore di grandissimo livello, la sua sfortuna è che giocava in difesa, altrimenti sarebbe stata una star consacrata. Poi Voeller e tanti giovani che abbiamo inserito, i vari Muzzi, Scarchilli e molti altri».
Se dovesse pensare al momento più bello della sua esperienza nella capitale? «La consegna a Flora Viola, un anno di grandi risultati nonostante le difficoltà».
Avremmo potuto vincere anche la Coppa Uefa secondo lei? «Decisamente sì. Ci sono state molte voci, ma io non ci corro dietro. Indubbiamente noi ci siamo comportati bene fino all’ultimo minuto della partita, poi hanno vinto gli altri. Chapeau».
Veniamo ad oggi, cosa pensa della Roma di quest’anno? «Mi sembra stia lavorando bene. Allenatori, giocatori e dirigenti devono essere in grado di gestire un ambiente particolare. Ci sono delle partite buone ed altre meno, però il lavoro che stanno facendo mi sembra assolutamente positivo».
Cosa ne pensa di Fonseca? «Non lo conosco personalmente e per dare giudizi su un tecnico bisogna vedere gli allenamenti. Vedo qualcosa per televisione, ma non ho elementi per giudicarlo ma fino ad oggi il giudizio è positivo».
Che gara sarà all’Allianz Stadium? «Non mi sembra un’impresa impossibile. La Juventus non mi dà l’impressione di una schiacciasassi. Sarò contro corrente, ma fino ad ora sta vincendo grazie a soluzioni individuali, vedi Ronaldo, Dybala. Anche domenica scorsa, il Parma ha fatto la sua bella figura, avrebbe anche potuto fare qualcosa in più. La Roma ha tutte le possibilità per andare a Torino e vincere la partita. La Roma se la può giocare con la sicurezza nei propri mezzi, rispettando l’avversario. Non la vedo una partita chiusa. Questa Roma insomma può passare il turno e andare in semifinale. Certo, la Juventus è la Juventus, ma pure la Roma è la Roma».
Questa è la Juve di Sarri? «Per adesso no. Al di là del possesso palla fino a se stesso, non ho ancora visto la sua mano. Lo dice l’allenatore stesso nelle interviste. Non conoscendo Sarri prendo per oro colato quello che dice lui, che quindi non è ancora soddisfatto al massimo del suo gioco e di quello che vorrebbe imporre. Certo con capacità individuali così elevate molto partite le hanno risolte».
Potrebbe essere un singolo a risolvere la gara? «La Roma ha tanti elementi importanti. Mi dispiace per l’uscita di scena di Zaniolo: un giovane, dal mio punto di vista, molto interessante. Ma ha tanti altri giovani italiani di grande valore, penso a Pellegrini, Mancini, Spinazzola… La Roma è una delle poche squadre con una componente italiana di valore. Ed è molto importante avere uno zoccolo duro di giocatori italiani, che fanno meno fatica ad ambientarsi. Il giocatore di pari grado straniero rischia di fare più fatica. Insomma la Roma mi sembra ben definita ed è normale che ci siano degli alti e bassi, soprattutto il primo anno. Ma mi sembra sulla buona strada per arrivare a fare risultati».
Prima di salutarla, ha allenato molte squadre, non è mai stato vicino alla panchina bianconera? «No, mai. Off limits».
FONTE: AS Roma Match Program