La prima sconfitta della Roma dopo sei vittorie di fila tra campionato e coppe arriva sotto il diluvio e a opera di un’ultima della classe. E arriva senza scusanti, come dice con onestà Mourinho. È la sintesi di una sfida che il Verona redivivo ha meritato di vincere. È stata una gara veloce, piena di gol, un paio bellissimi. Prima tattica e poi sull’onda delle energie psico fisiche. Tudor ha cominciato con lo stesso modulo e atteggiamento (uomo contro uomo) del Verona di Juric, ma con un suo tocco: facendo a meno di mediani puri. La Roma, che poi è passata al tridente, ha avuto due sole occasioni. Su una punizione di Pellegrini, Cristante ha colpito la parte alta della traversa. E venti minuti dopo Karsdorp, libero di crossare sulla sinistra (vero Ceccherini?) ha pescato Pellegrini che con un tacco delizioso ha bucato Montipò.
Ma l’Hellas ad inizio ripresa colpisce duro con un veloce uno-due grazie a Caprari, il sostituto di Zaccagni. Che quando vede il rosso della Roma si trasforma: è la squadra a cui ha segnato di più. Nel dettaglio, prima il suo preciso cross ha costretto Mancini a un intervento che non si è trasformato in autogol per la prodezza di Rui Patricio, ma Barak in agguato ha pareggiato in tap in. E poi con un gran diagonale ha ribaltato la sfida. Nemmeno lo sfortunato autogol di Ilic su cross di Pellegrini (riesce a segnare anche così) ha abbattuto il Verona che cinque minuti dopo ha sfornato il capolavoro di Faraoni: stop e tiro di controbalzo sotto la traversa.
FONTE: La Gazzetta dello Sport