Tre punti, belli come il sole in una giornata brutta, fredda, piovosa, dentro una partita ancora più brutta del meteo. Ma alla Roma di Mourinho serve vincere anche gare così e la crescita in questo senso è evidente: secondo successo consecutivo in campionato e terza gara nella quale non incassa nemmeno un gol. Gioca poco, fatica, va in vantaggio proprio nel suo momento peggiore grazie a una delle accelerazioni mourinhiane, poi resta lì e soffre: stringe i denti, ma non molla. E quando nel finale si riaffacciano i vecchi fantasmi i gol degli ex, le beffe dei portieri, tiene botta e porta via un successo fondamentale che fa tornare il sorriso al portoghese.
Una vittoria che le consente di confermarsi al quinto posto a tre lunghezze di ritardo dall’Atalanta e prendere punti a Juventus, Fiorentina e Lazio rimaste quattro gradini più giù. Basta l’ottavo gol stagionale di un Abraham ritrovato che sfrutta al meglio l’assist di Miki migliore dei suoi e il gran velo di Zaniolo che in graduatoria arriva subito dopo l’armeno. Il resto è sofferenza, fatica e anche sprazzi di buon gioco a dimostrazione che la Roma messa in campo così va molto meglio. La difesa a tre aiuta la squadra e l’idea delle due punte Zaniolo–Abraham con Miki e Pellegrini lì dietro ed El Shaarawy che fa su e giù a tutta fascia, funziona eccome. Peccato solo che dopo quindici minuti di gioco Mourinho debba rinunciare a Pellegrini fermato da un problema muscolare alla coscia destra. Al suo posto Carles Perez.
Ma nella serata della Var più lunga della storia, cinque minuti abbondanti per “pizzicare” un tacco di Abraham in posizione irregolare che ha consentito a Chiffi di non dare un rigore alla Roma all’apparenza scontato, la differenza l’ha fatta il carattere. Quello che Mourinho sembra esser riuscito a trasmettere alla squadra che inizia ad assomigliare a lui ogni giorno di più. Un carisma contagioso un po’ con tutto l’ambiente viste le 47mila presenze di ieri all’Olimpico per una partita non certo di cartello. Eppoi quel “Roma Roma” intonato all’inizio dal popolo romanista in risposta all’assurdo divieto imposto dal Palazzo di non poter mandare l’inno della squadra di casa per far spazio all’obrobrio di Allevi. Bene, i romanisti l’hanno cantato per conto loro e Chiffi per dare il via alla gara non ha potuto far altro che aspettare. Giusto così!
FONTE: Il Tempo – T. Carmellini