Cos’è il derby?
“Se dovessi scegliere una parola, direi passione. E carattere, se non ce l’hai, non è facile sopravvivere. Io non volevo mancare mai. Ho visto tanti calciatori bruciarsi da queste parti. Gente che in allenamento faceva il fenomeno e poi entrava all’Olimpico e non la strusciava mai. Penso ad Hassler, a Trigoria era meglio di Baggio, in partita evaporava. Poi, sfottò, che non può mancare. Vi racconto un aneddoto. Novembre 1992, segno alla Lazio. Ho voglia di esultare sotto la Nord, come Chinaglia, come Di Canio. Avevo fatto una scommessa con un amico laziale. Segno e parto, sta per cominciare il giro di gioia che mi porta verso la Nord. C’è uno che mi trattiene per i capelli, dove vai, mi dice. Era Tempestilli. Mi ha fermato sul più bello, ma lo avrei fatto, sì che lo avrei fatto”.
La partita indimenticabile? “Facile, il 3-0 con Mazzone contro la Lazio di Zeman. Vede, dico questo anche se non feci gol. Per me contava sempre e solo il risultato della Roma, non quello che facevo io. Alla fine della stagione, me ne andai, con tanti rimpianti, ma con Sensi non ci siamo mai presi granché. Vi svelo una cosa: ebbi l’opportunità di tornare, anni dopo, il presidente mi disse: vai a parlare con Baldini, una soluzione la troviamo. Ma io fui troppo orgoglioso e la cosa non andò in porto”.
Quella che rigiocherebbe? “Anche qui, molto facile. Quello in cui sbagliai il rigore procurato da un giovanissimo Totti, sull’1-0 per loro. Lo rigiocherei domani”.
La polemica con l’avversario? “Premessa: io vengo da un ambiente di laziali e questa partita la sentivo tanto. E poi ai miei tempi il derby si viveva e si preparava per mesi, abbiamo vissuto stagioni in cui vincere questa partita era l’unico obiettivo. Non avevamo in squadra un Batistuta, ecco. Ma sono stato tanto orgoglioso di vestire questa maglia, da capitano poi. La polemica? Ce ne erano sempre. Quella con Bergodi è passata alla storia. Con Cristiano mi sono anche incontrato, abbiamo chiarito. Ma all’epoca erano partite memorabili, non solo in campo. Lui in un’intervista mi diede del coniglio, così è nata la rivalità che poi si riviveva nelle partite, nei pre-derby. Ma non era una gara contro di lui. Gascoigne mi toccava le p…e in area, prima dei calci d’angolo. Che storie, mica solo con Bergodi”.
Il rivale più temuto? “Gascoigne, sicuramente. Gazza era un talento puro, con la palla poteva fare qualsiasi cosa. E Bruno Giordano, un avversario che ho sempre rispettato”.
Come arrivano le due squadre? “Non la vedo benissimo per la Roma. La Lazio mi sembra più squadra, mentre la Roma è Mourinho. Non è poco, certo, ma a volte non basta. Lui è un grandissimo allenatore, anche sprecato per questa squadra. Non mi sembra la sua Roma, ha bisogno di ritoccarla. Non l’ha costruita lui e nel tempo, con certe dichiarazioni, l’ha fatto anche capire ampiamente. Poi ha calciatori forti, come Pellegrini, Zaniolo, Abraham e la partita la può vincere lo stesso. Ma ripeto, la Lazio mi sembra più pronta”.
Chi deciderà la sfida? “Se devo fare un nome, dico Pellegrini. Non so se Lorenzo sia il nuovo Giannini. Mi sembra un bravo ragazzo, bisogna capire che valenza abbia nello spogliatoio, se è ascoltato, se incide. Come calciatore siamo diversi, lui mi sembra un Perrotta molto più tecnico. Zaniolo, invece, ho l’impressione che non abbia ancora capito in che ruolo renda di più. Gli ho visto fare l’esterno, la mezz’ala, l’attaccante. A volte usa troppa forza e non c’è bisogno, deve equilibrare le sue giocate per diventare un grande calciatore. I mezzi ce li ha”.
Chi toglierebbe agli altri? “Ciro Immobile, nessun dubbio”.
Cosa ha di unico la sua squadra? “Direi il senso di appartenenza”.
Un pronostico? “Pareggio, sono scaramantico”.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni