Se si potesse creare un allenatore in un laboratorio, mischiare il dna di Mourinho e Spalletti non sarebbe una cattiva idea. Opposti e complementari, le qualità dell’uno aiuterebbero l’altro a diventare perfetto. Motivatore e stratega il romanista, maniaco della tattica il toscano che allena a Napoli dopo aver lasciato un segno indelebile a Trigoria, domenica sera si ritroveranno uno contro l’altro all’Olimpico dopo i due pareggi della scorsa stagione.
Una sfida che stavolta può accorciare a un solo punto la distanza fra le squadre in classifica se dovesse spuntarla la Roma, in caso contrario i partenopei diventerebbero di diritto i candidati principali allo scudetto, anche se per molti lo sono già.
Mourinho e Spalletti sono anche gli ultimi due tecnici ad aver portato trofei nella bacheca di Trigoria. La Conference League vinta lo scorso maggio dal portoghese ha interrotto il digiuno che durava proprio dall’ultima Coppa Italia conquistata dal condottiero di Certaldo nel 2008.
Oggi basta guardare le partite di Roma e Napoli per accorgersi di quanto siano diverse le strade scelte dai rispettivi tecnici. La squadra di Mourinho usa compattezza, concentrazione, difesa e fisicità come sue armi migliori.
Se va in vantaggio è dura riprenderla e può colpire in ogni momento, sfruttando spesso i calci da fermo su cui Smalling & Co. sanno essere letali. Sono bastati appena 13 gol segnati in 10 partite per raccogliere 22 punti, gli azzurri di Spalletti ne hanno realizzati quasi il doppio (25), subendo lo stesso numero di reti: 9.
Stavolta Mourinho parlerà in conferenza stampa alla vigilia. Recuperato Karsdorp, il tecnico ha sostanzialmente tre scelte da fare nella formazione iniziale: quali esterni impiegare sulle due fasce tra l’olandese, Zalewski e Spinazzola, se riproporre dall’inizio Matic o insistere sul più dinamico Camara e chi lasciare fuori fra Abraham, Belotti e Zaniolo. Con Pellegrini che può fare sia la mezzala sia il trequartista, c’è posto solo per due degli attaccanti.
FONTE: Il Tempo – A. Austini