Finisce con Daniele De Rossi sotto la curva come Mourinho alla sua seconda vittoria con il Sassuolo ventotto mesi fa, allora fu la gioia sfrenata per il gol all’ultimo tuffo, stavolta per la paura svanita via dopo i cinque minuti di recupero dell’arbitro, per una gara dominata nel primo tempo e poi assai sofferta nella ripresa, soprattutto dopo la sostituzione di Dybala proprio come quando c’era Mou.
La differenza sta nella sostanza del gioco, ora dominante nel possesso e le verticalizzazioni, prima assai più pigro e vissuto a strappi. Il fantasma del portoghese, salutato con discrezione dalla Sudper non togliere colore alla giusta celebrazione per il ritorno del figliol prodigo, è svanito dopo il primo gol di Lukaku, e quando proprio Lorenzo Pellegrini, uno dei giocatori più discussi dell’ultimo periodo e pure il più fischiato ieri all’inizio, ha segnato il secondo la Roma è entrata definitivamente nella sua nuova dimensione.
Il gioco scorreva fluido, i giocatori si trovavano in campo come se fossero da sempre abituati a giocare così, i gol e le occasioni fioccavano. Poi, in coincidenza con l’uscita dal campo di Dybala, la Roma ha abbassato l’intensità del suo palleggio, si è inevitabilmente ritratta sul campo, e il Verona ha preso coraggio, ha avuto un rigore per riaprirla presto, ma Djuric ha tirato in curva, poi ha trovato il jolly da più di trenta metri Folorunsho con la complicità di Rui Patricio e nel finale De Rossi si è rimesso con un 352 molto mourinhano che ha annacquato le velleità degli avversari e senza ulteriori scossoni ha portato alla conquista dei tre punti che rianimano la classifica.
La partita si portava dietro un carico di preoccupazioni rilevante per le note fragilità mentali di una squadra spogliata martedì del suo più grosso alibi e reinventata in pochi giorni dal figliol prodigo, quel Daniele De Rossi che aveva lasciato l’Olimpico da calciatore 1700 giorni prima e l’ha ritrovato ieri da allenatore, per cominciare quella seconda carriera che è libero finalmente di dedicare alla sua Roma.
Ovviamente gli uomini sono quelli, ma la vera rivoluzione allenator futuro la vuole compiere lavorando soprattutto sul campo, convinto com’è che da lì possano arrivare le certezze che tutti aspettano. Così la sua prima Roma è scesa in campo con un vero e proprio 433, con una misurata linea a quattro con Karsdorp, Huijsen, Llorente e Spinazzola, un centrocampo molto dinamico con Bove, Paredes e Pellegrini, due esterni larghissimi, Dybala e El Shaarawy, e Lukaku ultimo riferimento offensivo.
Di fronte il Verona in una versione oggettivamente depotenziata dalle tre indisponibilità disciplinari (Coppola, Duda, Lazovic) e dalle cessioni in questa finestra di mercato (soprattutto Terracciano, Hien, Doig e Ngonge) non ancora rimpiazzate: Baroni con i superstiti ha fatto ciò che poteva, con un 4231 con una linea decisamente alta con Thatchoua, Mignani, Dawidowicz e Cabal, con Folorunsho e Serdar in mediana, con Mboula, Suslov e Saponara sulla trequarti e Djuric più avanti.
La vera novità è stato però l’impianto di gioco della Roma più che il sistema prescelto e si è notato in diverse situazioni con manovra obbligatoriamente dal basso, giropalla molto più rapido e infilate tra le linee, con Paredes che a volte andava a impostare tra i due centrali e a volte si alzava lasciando la regia a Bove, con Pellegrini pronto al dialogo di prima con Paulo e Romelu, alla velocità giusta nella prima impostazione e con le accelerazioni nella fase di rifinitura.
Così il gioco è uscito fluido sin dall’inizio perché il Verona è sembrato sorpreso dalla velocità di manovra romanista, con Bove novello Nainggolan (o novello De Rossi, per meglio dire) pronto ad arare il campo e ripartire, Paredes che finalmente faceva viaggiare il pallone più veloce delle sue gambe e Pellegrini ispirato come nei suoi giorni migliori, e non ci abbassiamo a mettere in correlazione l’impegno con la nuova gestione tecnica, perché Lorenzo non merita accuse di questo tipo: semplicemente sta meglio e con una squadra che si muove più velocemente a poco a poco ritroverà la sua dimensione.
Soprattutto se Dybala ed El Shaarawy funzionano così bene da detonatori, partendo larghi in fascia e venendo a giocare dentro al campo a piede invertito, dialogando con il vertice Lukaku che però a sua volta va più spesso poi in velocità ad attaccare gli spazi. Ecco come sono derivate le occasioni poi fissate sul taccuino, cominciate all’8’ con un bel taglio di Karsdorp servito da Bove, con scarico per Lukaku contrato dalla difesa.
Al 18’ El Shaarawy è stato fermato in fuorigioco su bella intuizione di Pellegrini ed è stata solo la prova generale del gol, nata da una transizione veloce favorita dalla difesa altissima del Verona, con imbucata del capitano per il Faraone, e grandiosa gestione del pallone nella conduzione, doppia sterzata di esterno destro e assist perfetto per Lukaklu, pronto a battere Montipò con un sinistro angolato.
Neanche il tempo di ragionare sul vantaggio conseguito che è arrivato il raddoppio, con Lukaku a gestire un pallone in fascia destra dopo un veloce giro palla e immediata verticalizzazione, doppio tentativo di cross con tre uomini ad attaccare subito l’area, varco trovato per El Shaarawy che ha attenuato la velocità del pallone per Pellegrini che ha avuto persino il tempo di controllare e calciare di sinistro dal basso verso l’alto. Al 28’ Spinazzola si è arreso per un richiamo alla coscia sinistra (De Rossi dirà che hanno lavorato tanto fisicamente e questo forse li ha un po’ imballati), è entrato Kristensen e non Zalewski, che infatti subentrerà poi per Dybala e finirà da quinto solo nell’emergenza finale.
Al 30’, su una punizione di Paredes respinta, El Shaarawy ha calciato forte di destro impattando sul braccio largo di Magnani, poi la palla è arrivata a Huijsen che in diagonale ha sfiorato il 3-0: intanto al Var Pairetto ha decretato che il braccio del veronese fosse fuori area e non dentro, altrimenti sarebbe stato rigore. Al 34’ un’altra sofisticata percussione offensiva ha portato El Shaarawy a sfiorare il gol, partendo però da posizione di fuorigioco. Poi Bove ha pescato in area Dybala che però non è riuscito sul controllo a restare davanti all’avversario e Sardar ha provato ad allentare la pressione romanista con due tiri respinti in scivolata da Paredes e Pellegrini.
PER TERMINARE A LEGGERE L’ARTICOLO CLICCARE QUI
FONTE: La Gazzetta dello Sport