L’unica differenza tra la fantasia e la realtà è che la fantasia deve avere un senso. È di Tom Clancy, l’autore di Codice d’onore, Caccia a Ottobre Rosso, Sfida totale e molto altro. Il sogno di Francesco Totti, generosissimo distributore di fantasia, un senso ce l’ha eccome: tornare al grande calcio addirittura a 48 anni per restituire istanti di genialità a un campionato sempre più povero di “irregolari”.
Sembrava una battuta regalata al docufilm “Eroici!” sui cento anni del nostro giornale («con quello che c’è in giro adesso potrei giocare anche a 47 anni», i 48 li ha compiuti pochi giorni dopo la registrazione) e invece conteneva elementi concreti: di speranza, più che di provocazione.
Ed è da lì che sono partito. Nei giorni scorsi, durante uno scambio di messaggi, è stato proprio Francesco a rivelarmi di aver ricevuto una proposta da una squadra di Serie A, aggiungendo però di aver lasciato perdere perché non si trattava della Roma: il campione che ha legato la carriera a una sola squadra, per la quale – in tempi diversi – ha rifiutato le megaofferte di Real Madrid, Milan, Juve e Inter, non può certo vedersi con addosso altri colori. Nemmeno nella seconda vita. Sabato, insieme a Fabio Caressa nel nostro programma su Radio Deejay, l’abbiamo rilanciata, scatenando un putiferio: segno che avevamo fatto centro.
La squadra mossasi per Francesco non è – come ricordato – la Roma che da tempo fa di tutto per tenersi a distanza di sicurezza dalla figura più importante e amata della sua storia. Una spiegazione? Mai fornita. Totti troppo ingombrante? Non posso nemmeno immaginare che sia solo questo il motivo. Penso infatti all’effetto benefico, quasi terapeutico, che avrebbe il ritorno del capitano su società, tifoseria e squadra – dentro o fuori dal campo -, per non parlare dell’enorme recupero d’immagine.
Siamo ben oltre la damnatio memoriae, la condanna della memoria. Eppure i Friedkin – riportandolo a casa – farebbero pace tanto con la storia quanto con la città: non dimentichiamo che fu l’altra gestione americana, i Pallottas, a decretare la “morte sportiva” di Francesco. E di nuove emozioni.
FONTE: Il Corriere dello Sport – I. Zazzaroni