Ha corso a mille, non stupisce che abbia deciso di smettere in palestra: «Correvo pure lì e a un certo punto mi sono chiesto: “Perché lo fai?”. Non aveva più senso. Era arrivato il momento di ascoltarmi, negli ultimi due anni ho giocato in condizioni non normali. E oggi se tornassi indietro farei la stessa scelta. La prova? Sono stato allo stadio per Milan-Fiorentina e non mi è venuta voglia di essere in campo». Però Alessandro Florenzi mica è diventato insensibile al pallone, tutt’altro. Questo weekend c’è la sua partita: da un lato la Roma, la squadra del cuore, quella in cui è nato e cresciuto; dall’altra il Milan, la squadra in cui ha vinto lo scudetto e ha chiuso.
Due istantanee, una per maglia… «In maglia Roma l’esordio, nel 2011. Ma anche i quarti di Champions contro il Barça, una partita così non l’ho vissuta mai: per lo stadio, per com’eravamo perfetti noi, per la gara che venne fuori. In maglia Milan nessun dubbio: il pomeriggio di Sassuolo, quello dello scudetto».
Milan-Roma: chi si gioca di più? «Il Milan. Ha come obiettivo dichiarato di tornare in Champions League ma può sicuramente ambire a qualcosa in più. La Roma ci arriva già da capolista, gioca bene e i numeri per adesso sono dalla sua…».
Una Roma così se l’aspettava? «Ho sempre pensato che la Roma avesse una rosa molto forte, ma da un certo punto di vista è una sorpresa. Assimilare il gioco di Gasperini e il livello di preparazione fisica che impone in così poco tempo non è facile, e questo mi fa pensare che ci siano margini di miglioramento».
Lotta scudetto, il suo ranking. «Favorite Inter e Napoli, alla pari. Ma è una lotta aperta, la classifica andrà guardata in primavera. Se la Roma resta lassù può dire la sua, il Milan ha una sola competizione e ci resterà sicuro, e non scordiamoci della Juventus che per me avrà tanti benefici dal cambio di allenatore».
Milan e Roma, lo stesso problema: il centravanti. «Alla base c’è sempre un problema di fiducia, quando uno non ne ha può tendere ad autosabotarsi. Poi sono casi diversi: il centravanti del Milan si chiama Santi Gimenez, davanti alla porta ci arriva, ha tante occasioni e gli manca tanto così, un granellino di
sabbia, per sbloccarsi. Alla Roma invece il centravanti non si sa chi è, ed è un po’ lo stesso problema che ha la Juve. Non è un ruolo banale: è come il portiere, devi sapere chi è il titolare. La mancanza di certezze può influire sull’annata di un calciatore».
L’ambiente di Roma: valore aggiunto o peso sulle spalle? «Non scherziamo, un valore aggiunto. Ho i brividi mentre lo dico: immaginate cosa sarebbe l’Olimpico senza la pista di atletica…Darebbe alla squadra almeno 6-7 punti in più ogni stagione».
Gabbia, Bartesaghi, Pisilli, Pellegrini…com’è giocare con addosso la maglia che ti ha forgiato? «Quattro ragazzi speciali. Pellegrini è un amico, Pisilli l’ho visto crescere, a Matteo e Davide credo di aver dato qualcosa al Milan. Giocare per la “tua” squadra può darti di più, ma sono oneri e onori. Hai più pressione, ma se la sai gestire allora ti fa veramente volare».
FONTE: La Gazzetta dello Sport – G. Di Feo











